La Costituzione, questa sconosciuta…


Dopo aver convocato la piazza per protestare contro il nuovo governo, Giorgia Meloni in tv cita a sproposito e in maniera strumentale solo una parte dell’articolo 1 della Costituzione, sostenendo poi che in base al diritto costituzionale Mattarella avrebbe dovuto sciogliere le Camere…

Qualcuno dovrebbe informare Giorgia Meloni che la Costituzione italiana è composta da 139 articoli (con i relativi commi), più 18 disposizioni transitorie e finali, e non da un unico articolo. E anche che l’articolo 1, da lei e da molti altri ripetuto in questi giorni a supporto della richiesta di elezioni immediate, in realtà è un po’ differente, nella forma e nel significato, da come lo enunciano.

L’ennesima paradossale giornata di questo sconfortante periodo (l’ennesimo) della vita politica italiana si è conclusa in maniera se possibile ancora più surreale, con l’imbarazzante show in tv della leader di Fratelli d’Italia (FdI). Che ha sproloquiato senza la minima cognizione di democrazia e costituzione, costruendo un racconto politico degli ultimi periodi (ma anche degli anni passati…) assolutamente virtuale e fantastico, per nulla aderente alla realtà, accreditandosi di una coerenza e di una presunta “purezza” politica a cui può dar credito solo chi è assente e non segue le vicende politiche del nostro paese da qualche decennio (o ha seri problemi di memoria…).

E’ tragicamente buffo come la maggior parte degli attuali esponenti politici italiani quando gli fa comodo si appellino alla nostra Costituzione, considerandola sacra e inviolabile. Ma, al di là del fatto che spesso lo fanno a sproposito (come nel caso in questione) e dimostrando di non conoscerla adeguatamente, è una “sacralità” che vale sempre e solo nei confronti degli avversari, mai per se stessi e per la propria parte politica.

Lo ha dimostrato alla perfezione lunedì sera proprio Giorgia Meloni citando, per altro a sproposito, l’articolo 1 della Costituzione per cercare di far credere che l’unica strada possibile fosse il ricorso a nuove elezioni, ma poi portando avanti tesi in palese contrasto con quanto previsto dalla Costituzione stessa e, soprattutto, ignorando che proprio la nostra carta costituzionale vieta, in qualsiasi forma, la riorganizzazione del partito fascista. Eppure la leader di FdI non ha proferito parola, non ha stigmatizzato quei saluti romani e quell’inneggiare al Duce (ovviamente di una parte dei manifestanti) che hanno accompagnato ma manifestazione da lei indetta a piazza Montecitorio per protestare contro la nascita del nuovo governo.

A sua discolpa va ricordato che il divieto di riorganizzazione del partito fascista è inserito nelle norme transitorie e finali e, come abbiamo visto, la conoscenza della Costituzione della Meloni è limitata all’articolo 1, per altro appreso probabilmente attraverso l’edizione ridotta della nostra carta costituzionale allegata a “Topolino”. Perchè quella vera, scritta dai padri costituenti, con l’articolo 1 sancisce qualcosa di assolutamente differente rispetto a quanto sostiene la leader di FdI.

L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” recita il primo articolo della Costituzione che poi, in effetti, sancisce davvero che “la sovranità appartiene al popolo” aggiungendo, però, “che la esercita nelle forme e nei limiti fissati dalla Costituzione”. Una sottolineatura non di poco conto, che fa tutta la differenza del mondo. Anche perché nei successivi articoli le forme e i limiti della sovranità popolare vengono specificati in maniera assolutamente esaustiva e, è lapalissiano, il quadro che ne scaturisce è completamente differente rispetto a quello che cerca di propinare la Meloni.

Che, per altro, solo pochi attimi dopo dimentica la “sacralità” della Costituzione, sbottando (di fronte alle sottolineature del giornalista Luca Telese) con un emblematico “basta con questa cantilena della repubblica parlamentare”. Peccato, però, che quella che la Meloni definisce una cantilena molto più semplicemente è sempre la nostra Costituzione che, appunto, stabilisce che la nostra è una repubblica parlamentare. Che, in parole semplici, significa che per la nostra Costituzione il governo non viene eletto dal popolo ma nominato dai suoi rappresentanti (cioè i parlamentari).

Sembra incredibile ma, ancora una volta, è necessario ricordare che, in virtù di tutto ciò (e in base agli articoli 88, 92 e 94 della Costituzione stessa), quando si verifica una crisi di governo (come in questo caso), il presidente della Repubblica non può sciogliere le Camere e indire nuove elezioni in presenza di un nuovo esecutivo che ha l’appoggio della maggioranza parlamentare. Se lo facesse violerebbe la Costituzione, con tutte le conseguenze che poi ne deriverebbero. Che non lo sappiano molti di quelli che da giorni sproloquiano e vaneggiano sui social, arrivando addirittura all’assurdo paradosso di voler dare lezioni di diritto costituzionale al presidente della Repubblica Mattarella (che, particolare non irrilevante, è stato professore universitario di diritto costituzionale e, in passato, anche giudice della Corte Costituzionale…), ci può anche stare.

Che lo ignori (o finga di ignorarlo) un leader politico, parlamentare da 4 legislature, in passato anche ministro di uno dei governi Berlusconi è particolarmente grave. Assolutamente inaccettabile, invece, è che la stessa Meloni, per provare a dare un senso compiuto ai suoi sproloqui, si sia spinta addirittura al punto di vaneggiare su presunti costituzionalisti e testi di diritto costituzionale che affermerebbero e sancirebbero esattamente il contrario, cioè che il presidente Mattarella, pur in presenza di una maggioranza in Parlamento, avrebbe dovuto comunque sciogliere le Camere, non si capisce bene in base a cosa.

Ovviamente la leader di FdI si è ben guardata dal fare i nomi di questi presunti costituzionalisti, tanto meno dal citare in quale manuale di diritto costituzionale sarebbe riportata una simile “castroneria”. Quello che è maggiormente triste e sconfortante è che né il conduttore del programma televisivo in cui è avvenuto l’avvilente show della leader di FdI, Nicolo Porro, né il giornalista Luca Telese presente al dibattito hanno avuto il coraggio di farle l’assoluta infondatezza costituzionale di quanto da lei sostenuto.

Allo stesso modo nessuno dei due le ha ricordato, quando la Meloni ha ricordato con orgoglio che nella sua (lunga) storia da parlamentare non ha mai votato per governi tecnici o similari, che in realtà nel 2011 il governo Monti (governo tecnico nato sulle ceneri del governo Berlusconi di cui lei faceva parte) ha avuto, tra i 560 voti di fiducia ottenuti alla Camera, anche quello della stessa Giorgia Meloni. Il cui avvilente e paradossale show di fine serata in tv ha concluso degnamente l’ennesima surreale giornata politica italiana, caratterizzata da una manifestazione di piazza che, ironia della sorte, ha protestato contro i presunti “ladri di democrazia” tra saluti romani e invocazioni al Duce di una parte dei manifestanti stessi.

Alla quale, per altro, ha partecipato chi, come Salvini, è il principale e, per certi versi, unico responsabile della crisi stessa che, però, è sceso in piazza anche per denunciare il fantomatico e improbabile complotto internazionale (ordito principalmente da Francia e Germania) che comunque, se anche fosse realtà, si sarebbe potuto realizzare esclusivamente grazie all’apporto decisivo e fondamentale proprio del leader della Lega.

Il culmine del paradosso, però, si toccato quando alcuni esponenti politici e sostenitori della Lega hanno protestato contro presunte limitazioni alla manifestazione (alcuni manifestanti sono stati bloccati nei pressi di Montecitorio), dimenticando (o fingendo di dimenticare) che certe limitazioni sono state accentuate proprio dai due decreti sicurezza voluti da Salvini e approvati dal governo di cui facevano parte. Limitazioni che, ovviamente, non apprezziamo e che, ci auguriamo, vengano presto eliminate dal nuovo governo. Ma che a lamentarsi sia chi le ha volute e sostenute è davvero oltre ogni immaginazione!

Naturalmente tutte le paradossali contraddizioni di cui abbiamo parlato non significano certo che chi è sceso in piazza per manifestare contro il nuovo governo non aveva diritto a farlo. Semplicemente sarebbe auspicabile (soprattutto da parte degli esponenti politici) un briciolo di coerenza e di responsabilità in più. Partendo dal presupposto, inconfutabile, che il nuovo governo, esattamente come quello che lo ha preceduto, è pienamente e indiscutibilmente legittimo da un punto di vista costituzionale.

Naturalmente poi è, altrettanto legittimamente criticabile, da un punto di vista strettamente politico, nel senso che sono comprensibili le obiezioni di chi evidenzia che sono ora alleate due forze che fino a qualche settimana fa se ne sono dette “di tutti i colori” e, soprattutto, giuravano solennemente che mai si sarebbero messe insieme.

Ma è giusto ricordare, soprattutto a quanti evidentemente hanno la “memoria corta”, che esattamente la stessa identica cosa è avvenuta con il precedente governo gialloverde (basta ricordare i proclami di Di Maio e Di Battista da una parte e di Salvini dall’altra). Con, in quel caso, l’aggravante del “tradimento” da parte della Lega nei confronti del centrodestra, senza il quale il Carroccio non avrebbe mai potuto eleggere un numero tale di parlamentari in grado poi di garantire la nascita di quel governo. Allora, però, a quanto se non ricordiamo male Giorgia Meloni e il suo partito non scesero in piazza invocando la “volontà popolare”…

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