La debacle alle elezioni non è servita ai gruppi dell’opposizione che continuano a perdersi dietro screzi e bisticci da bambini capricciosi. E mentre in Comune emergono fatti ed episodi inquietanti, l’opposizione è impegnata a litigare per qualche poltrona, per altro ininfluente
Marco Fioravanti e il centrodestra ascolano possono continuare a festeggiare. Ne hanno tutte le ragioni, non solo per la vittoria nel ballottaggio (dove per altro erano opposti ad un altro candidato di centro destra..), ma anche e soprattutto perché sono bastati i primi giorni del nuovo corso in Comune per avere la conferma che potranno continuare a governare indisturbati la città almeno per i prossimi 20 anni. A prescindere da quanto di buono faranno o non faranno nei prossimi anni. E non solo perché Ascoli è tradizionalmente di centro destra.
Molto più semplicemente perché non esiste (e non esisteva neppure prima) un’alternativa credibile, anzi, è più corretto dire che al momento proprio non esiste un’opposizione. Non è una novità e non c’era certo bisogno di attendere gli eventi di questi giorni per scoprirlo. Ma se mai ci fossero stati ancora dei dubbi, ci hanno pensato gli esponenti di quell’Armata Brancaleone che si fatica a definire opposizione. Che, spiace dirlo ma è la cruda realtà, alle elezioni del 26 maggio ha raccolto quanto seminato nei 5 anni della seconda amministrazione comunale Castelli, cioè poco o nulla.
Eppure il sindaco uscente e la sua giunta di spunti e opportunità per dare opportunità all’opposizione di farsi apprezzare dalla città ne ha forniti a iosa. Che, però, ha dimostrato tutta la propria incapacità e la propria miopia politica, perdendosi dietro screzi e accuse reciproche degne dei bambini capricciosi delle elementari, invece che incalzare con decisione e adeguatezza l’amministrazione comunale sui tanti nodi irrisolti cittadini e provare a fornire una visione differente e alternativa su quei temi.
L’unico che negli scorsi 5 anni si è distinto nelle file dell’opposizione è stato il capogruppo del Pd Francesco Ameli, troppo solo per poter incidere minimamente. A dare poi la “mazzata” definitiva ci hanno pensato le scelte fatte per le elezioni. Della straordinaria capacità della sinistra ascolana di farsi male da sola è ormai inutile anche parlarne, Tafazzi al confronto appare un pivellino.
Mai come in questo caso c’era la possibilità quanto meno di insidiare il centrodestra diviso e litigioso, sfruttandone le contraddizioni e le guerre interne. Invece non solo si sono divisi ma praticamente i due candidati del centrosinistra e le loro liste di riferimento hanno trascorso la campagna elettorale ad attaccarsi reciprocamente, piuttosto che prendersela con chi ha amministrato la città per 20 anni, portandola a questa difficile situazione. Incredibilmente, però, non è voluto essere da meno il Movimento 5 Stelle che, sembra impossibile, ma è riuscito a dimostrarsi ancora più “Tafazzi” del centrosinistra.
Una “genialiata” unica quella di presentare come candidato sindaco lo stesso che 5 anni prima, mentre il M5S aveva ottenuto in città un ottimo successo alle elezioni europee, aveva conquistato il 7%. E che, per altro, in 5 anni di opposizione non aveva certo brillato per intraprendenza. Certo questa volta ha ottenuto il 12%, un po’ più della metà dei voti ottenuti ad Ascoli dal M5S alle elezioni europee. Un “trionfo” ampiamente previsto, anche se va detto che i “meriti” vanno suddivisi con tutto il gruppo ascolano del Movimento 5 Stelle. Che non sembra aver ancora capito che nel capoluogo piceno da 20 anni governa il centrodestra e non l’odiato Pd, al quale rivolge tutte le proprie attenzioni.
Ancor più qualcuno dovrebbe spiegare ai “grillini” ascolani che, più che di massimi sistemi, sarebbe ora che iniziassero a preoccuparsi dei problemi e delle emergenze della città. Basterebbe osservare la pagina istituzionale di facebook del M5S Ascoli per comprendere. Su 20 post (verifica effettuata mercoledì mattina 3 luglio) solo 3 trattano argomenti locali, di cui per altro uno solo di problematiche cittadine (ed è un attacco al Pd locale), mentre gli altri due riguardano un incontro sulla ricostruzione.
Gli altri 17 riguardano temi di carattere nazionale, diversi sulla Raggi, numerosi contro il Pd, qualcuno sull’Europa. Al punto che alla fine viene da chiedersi se il locale M5S abbia la più pallida idea di quello che succede in città, di quali siano le emergenze e i problemi concreti cittadini.
Pazienza, si è soliti pensare che a volte certe dure “batoste” servano da lezione per capire, andare avanti facendo tesoro degli errori commessi e voltare pagina. Cosa che, in realtà, non sembra certo avvenire ad Ascoli, tra le fila delle varie opposizioni. Che, lungi dall’aver imparato la lezione, come se nulla fosse hanno ripreso a fare un autogol dietro l’altro.
A parte “Ascolto e Partecipazione”, che si è presentata per la prima volta alle passate elezioni (anche se al suo interno non c’erano certo solo ingenui novellini…), i due grandi sconfitti il 26 maggio (Pd e M5S) avrebbero dovuto quanto meno prendere atto della disfatta, con le opportune e inevitabili conseguenze. Che, senza giri di parole, avrebbe dovuto significare che chi ha guidato i due partiti fino ad ora e nel corso delle elezioni avrebbe dovuto farsi da parte. Ma nel nostro paese l’istituto delle dimissioni sembra essere stato vietato e nessuno, né da una parte né dall’altra, ha avuto il buon senso e il coraggio di assumersi le responsabilità della disfatta e farsi da parte.
Nel segno di una continuità che definire autolesionista è riduttivo, hanno poi ripreso a fare quello che hanno fatto negli ultimi tempi (con i risultati che ne sono seguiti), cioè continuare ad accapigliarsi sul nulla, ad accusarsi reciprocamente di “inciuciare” con una o con l’altra parte del centrodestra. Uno spettacolo inverecondo, pietoso, che ha raggiunto il culmine in occasione della prima seduta del nuovo Consiglio comunale, con lo scontro tra le due parti per la poltrona di vice presidente del Consiglio comunale e per la commissione elettorale.
Si fatica persino a crederlo, dopo la “batosta” subita invece di iniziare a pensare seriamente ai problemi della città litigano per due poltrone, per altro con il solito indecente spettacolino di illazioni e accuse reciproche. Non una parola, invece, da nessuna delle opposizioni sullo scandalo della “Relazione Performance 2018”, approvata dalla passata giunta 3 giorni prima delle elezioni, zeppa di forzature e con alcune clamorose bugie (la tribuna est inaugurata nel 2018 in occasione dell’ultima partita in casa dell’Ascoli…).
Un documento fondamentale per l’amministrazione comunale, anche e soprattutto perché sulla base di quanto è riportato al suo interno viene poi assegnata la retribuzione di risultato ai vari dirigenti. Esponenti politici e partiti un minimo attenti e avveduti avrebbero battuti i pugni sul tavolo subito, appena il documento è stato approvato, aprendo un caso scottante prima delle elezioni.
Forse sarebbe stato chiedere troppo a questa sgangherata Armata Brancaleone, ma almeno ora che il caso è venuto a galla (vedi articolo “Il capoluogo dei balocchi”), il minimo che ci si poteva attendere era una richiesta di spiegazioni, soprattutto agli assessori della giunta Fioravanti che facevano già parte della precedente giunta. Invece nulla, silenzio più assoluto, Pd, M5S, “Ascolto e Partecipazione” come bambini capricciosi sono troppo impegnati a litigare per qualche poltrona (per altro secondaria e ininfluente) e a scambiarsi frecciatine e accuse.
Allora, pensando al sindaco Fioravanti e alla sua maggioranza, viene inevitabile pensare alla battuta resa famosa da uno spot pubblicitario “ti piace vincere facile”… Che, però, in questo caso, scaturisce non per colpe del diretto interessato ma per l’insussistenza dei suoi potenziali competitori. Che è tale da far prevedere che quella battuta possa essere il leit motiv del prossimo decennio…