Il nuovo sindaco è chiamato a dimostrare di avere la personalità e il coraggio per fare autonomamente, senza essere “teleguidato”, determinate scelte. Elezioni e ballottaggio decretano la fine “politica” di Celani, l’autolesionismo del Pd e della sinistra e l’insussistenza del M5S
Alla fine a Celani non è riuscito il “ribaltone” e non c’è stata alcuna sorpresa. Marco Fioravanti è il nuovo sindaco di Ascoli, espressione di una parte del centrodestra che da 20 anni (unito) amministra la città. Superfluo ed inutile ripetere ciò che è stata la campagna elettorale, con gli ultimi “colpi di coda” in perfetta continuità con i mesi precedenti. Giusto e opportuno, invece, ribadire un paio di concetti. A partire dal fatto che non è più sopportabile leggere e ascoltare i commenti di chi (purtroppo compresi diversi esponenti politici) giudica la maturità e l’intelligenza di chi vota sulla base del risultato personale. Che, quando è gradito, porta a sperticati elogi alla competenza e alla serietà di quello stesso corpo elettorale, puntualmente denigrato fino ai limiti dell’insulto quando vota in maniera non gradita.
In qualche modo legato a questo il concetto, anche in questo caso ripetuto sempre e solo quando fa comodo, del “popolo sovrano”. In democrazia il “popolo” è sempre sovrano e in questo caso ha scelto liberamente Marco Fioravanti ed è una scelta che, si condivida o meno, deve essere rispettata a pieno. Si può ed è giusto, a livello di analisi del voto, sottolineare la bassa affluenza alle urne al ballottaggio (meno del 50%) e che, di conseguenza, a scegliere il nuovo sindaco sia stato in pratica circa un quarto del corpo elettorale. E’ giusto interrogarsi sulle ragioni di una simile disaffezione al voto, ma ciò non toglie nulla o non sminuisce in alcun modo l’esito elettorale.
Nel post voto, soprattutto sui social, moltissimi fans (ed esponenti politici) di Fioravanti hanno ripetuto, a ragione, il concetto del rispetto del “popolo sovrano”. Giustissimo, l’importante è che poi con i fatti si dimostri che il popolo è sovrano realmente, sotto ogni punto di vista. Che, in altre parole, significa che ora il nuovo sindaco tenga nella doverosa considerazione il voto espresso dal “popolo sovrano”, dando il necessario spazio a chi nelle urne è stato premiato e senza andare a ripescare chi invece è stato “bocciato” in maniera inequivocabile.
Allo stesso modo, per rispetto del “popolo sovrano” è auspicabile che non si assista (come invece in tanti pronosticano) tra qualche mese ad nuovo “tutti insieme appassionatamente” dopo i pesanti veleni di questi mesi. In caso contrario sarebbe ridotta quasi a zero la credibilità del nuovo sindaco. Che ora ha di fronte una doppia difficile sfida, la prima tutta politica, la seconda più amministrativa. In queste settimane i suoi denigratori hanno sempre sottolineato come Fioravanti fosse una “controfigura” del sindaco uscente Guido Castelli o, peggio ancora, come una sorta di burattino in mano a questo o quell’assessore.
Che siano le solite strumentalizzazioni e montature atte a demolire l’avversario o che ci sia un fondo (o più di un fondo) di verità il dato indiscutibile è che gli ascolani hanno scelto lui come nuovo sindaco. Ed ora Fioravanti ha la possibilità di dimostrare che ha quella forte personalità politica che in pochi gli accreditano, che, al di là dell’immancabile rispetto che deve agli alleati e a chi lo ha sostenuto, ora che gli ascolani l’hanno scelto come primo cittadino sarà lui in prima persona a prendere le decisioni più importanti e delicate.
A partire dalla prima che ha di fronte, la scelta della nuova giunta comunale. E’ chiaro che una compagine troppo simile a quella precedente sarebbe un segnale non positivo e che, oltretutto, andrebbe nel senso opposto di quel nuovo progetto che lo stesso Fioravanti ha tanto decantato in campagna elettorale. Ovviamente non sarà affatto semplice, anche perché alcuni degli assessori uscenti faranno e stanno già facendo in tal senso forti pressioni. Ma se vuole dimostrare personalità e credibilità il nuovo sindaco dovrà già in questa sede fare delle scelte “forti”.
Parlando in concreto e per essere più chiari, in campagna elettorale Fioravanti ha spesso posto l’accento, tra le priorità, sulla sicurezza delle scuole cittadine, mentre nel suo programma elettorale molto spazio era stato dedicato allo sport cittadino (in condizioni disastrose sotto ogni punta di vista). Con simili presupposti se il nuovo sindaco attribuisse quelle deleghe a chi le ha gestite (in quel modo) in questi anni (Massimiliano Brugni) dimostrerebbe scarsissima coerenza (oltre al fatto, per altro non nuovo nel mondo politico italiano, che i buoni propositi fatti in campagna elettorale hanno valore sotto zero), oltre che un’evidenza sudditanza nei confronti di chi ha guidato per anni la città.
Al di là delle persone che sceglierà, comunque, Fioravanti sa perfettamente (lo ha ribadito subito dopo la vittoria) che avrà il non facile compito di risollevare una città che è a terra, con tante emergenze da affrontare senza esitazioni. Nelle settimane scorse ci siamo più volte espressi in maniera per nulla lusinghiera nei suoi confronti e, ovviamente, non abbiamo cambiato idea. Siamo convintissimi che sia la persona sbagliata nel posto sbagliato. Ma saremmo davvero felicissimi se i fatti ci dimostrassero il contrario, se Fioravanti si rivelasse un sindaco più che degno per il disastrato capoluogo piceno.
Sarebbe comunque importante anche perché al momento guardando altrove purtroppo non si vede uno straccio di alternativa credibile. Prima di domenica 9 giugno avevamo più volte sottolineato come il ballottaggio avrebbe comunque avuto come inevitabile effetto la fine della carriera politica di chi tra i due avrebbe perso. Senza voler infierire e concedendogli l’onore delle armi, è evidente che per Piero Celani (che resta consigliere regionale fino al 2020) è arrivato il momento di farsi da parte. E con lui anche quella pletora di esponenti politici ed ex assessori che da 20 anni hanno avuto un ruolo fondamentale nelle varie amministrazioni di centrodestra.
Quanto al centrosinistra (o, per non urtare la suscettibilità di nessuno, al Pd e alla sinistra) la propria propensione alla sconfitta e al disastro è ben nota da anni (anzi da decenni). Ma questa volta, bisogna ammetterlo, si sono superati, sono riusciti a compiere uno straordinario capolavoro di autolesionismo. Sono riusciti nella non facile impresa, una specie di record, di perdere le elezioni almeno due volte, al primo turno e al ballottaggio. In una città da 20 anni territorio inespugnabile del centrodestra, non sfruttare la clamorosa e irripetibile opportunità fornita su un piatto d’argento dalle liti e dalla conseguente divisione del centrodestra è, politicamente, una delle più clamorose idiozie a cui abbiamo assistito in questi anni.
Non ci interessa neppure provare a chiederci di chi siano (maggiormente) le responsabilità per il mancato accordo (che avrebbe permesso al centrosinistra unito di andare al ballottaggio), è un giochetto deprimente che lasciamo volentieri alle due parti. In realtà il discorso sarebbe molto più lungo e complesso, una seria e concreta alternativa a chi ha amministrato (e ora continuerà a farlo) la città da 20 anni andava costruita insieme da tempo, da 5 anni fa.
Ma in queste settimane, nell’avvicinamento al primo turno e, poi, al ballottaggio, il “tafazzismo” e lo sconfortante senso del ridicolo di tutta la sinistra ascolana (dal Pd in poi, per intenderci) è venuto fuori in maniera sin troppo eloquente. Si potrebbero scrivere pagine e pagine in proposito, ci limitiamo a citare un paio di palesi contraddizioni.
Non ha senso ripetere, come hanno fatto in queste settimane, che Fioravanti era la controfigura di Castelli e rappresentava la continuità con questi 20 anni, se poi non si agisce di conseguenza. E’ a dir poco ridicolo aver perso, dopo l’opportunità di andare al ballottaggio, anche la possibilità di incidere in qualche modo nelle scelte politiche e amministrative per la città, non prendendo alcuna posizione.
Il top del senso del ridicolo, però, è stato raggiunto da alcuni esponenti della sinistra che, per spiegare l’equidistanza tra i due candidati al ballottaggio, hanno tirato fuori il paravento dell’antifascismo (che, a scanso di equivoci, per chi scrive è un valore assoluto), mostrando la vecchia foto del primo successo elettorale di Celani nella quale compare, tra chi festeggia, una bandiera con la croce celtica. Peccato, però, che ha postato la foto non si è accorto che in realtà a sbandierare con orgoglio quel vessillo è qualcuno che in queste settimane ha convintamente sostenuto Fioravanti.
Superfluo anche insistere e approfondire, sarebbe come sparare sulla croce rossa… Resta il Movimento 5 Stelle che, ad Ascoli, praticamente è del tutto inutile, invisibile, inconsistente, come se non esistesse. Abbiamo sottolineato la “follia” della scelta del candidato sindaco (lo stesso che 5 anni fa aveva preso pochissimi voti). Anche in questo caso il problema nasce da lontano, dai 5 anni di insussistente opposizione che non hanno permesso al Movimento ascolano neppure di sfruttare l’onda positiva della vittoria alle elezioni politiche di un anno fa.
Per loro, come per Pd e sinistra, la necessità di ripartire (subito) da zero, per iniziare a costruire da ora una possibile alternativa.