Il trionfo di Salvini e la debacle del M5S alle elezioni europee sono l’inevitabile conseguenza dei clamorosi autogol e delle “dissennate” scelte fatte da marzo 2018 ad oggi dai “grillini” e dal loro leader Di Maio, ora con le spalle al muro. Respira il Pd che blocca la “frana”
Scacco matto e bluff. La vittoria, netta e indiscutibile, della Lega e l’altrettanto evidente debacle del Movimento 5 Stelle ha conseguenze importantissime nel panorama politico del nostro paese ma, a differenza di quanto proclamato da Salvini a tarda notte, non ha alcuna incidenza in Europa (e qui sta il bluff). Dove, al contrario, la posizione del nostro paese è molto più debole e a rischio rispetto a prima. Questa volta i dati sono talmente chiari ed indiscutibili che diventano praticamente impossibile i tipici sofismi dei politici italiani nel disperato tentativo di confondere le acque.
Le elezioni europee in Italia hanno un chiaro trionfatore, naturalmente la Lega di Salvini, e un non meno evidente grande sconfitto, il Movimento 5 Stelle. Ma se il trionfo del Carroccio era ampiamente previsto anche nelle proporzioni (fino ad un mese fa in alcuni sondaggi era accreditato di un 35-36%), neppure nelle più pessimistiche previsioni si poteva immaginare una simile disfatta dei “grillini”. Il “soprasso” anche ad opera del Pd, impensabile fino ad un mese fa, è un ulteriore pesante smacco per il partito di Di Maio.
Può, invece, respirare il Partito Democratico che ferma la “frana” iniziata dal referendum in poi, torna a crescere e a superare la soglia del 20% e può guardare con un minino di fiducia in più al futuro. Che, però, resta molto difficile e complicato, con di fronte un avversario mai così forte e al momento difficile da scalfire e con un’alternativa, in termini di contenuti e alleanze, molto complicata da costruire.
Naturalmente il sospiro di sollievo per il Pd potrà essere più o meno accentuato sulla base dei risultati delle amministrative, con il voto fondamentale in Piemonte (ma sembra scontato che vincerà il centrodestra) e in molti comuni capoluogo. E’ chiaro che riuscire a mantenere un numero sufficiente di comuni renderebbe più consistente la ripresa. In caso contrario il risultato in crescita delle europee (rispetto alle politiche del 2018) risulterebbe solamente un “brodino caldo”.
Non crolla, ma non può certo esultare, Forza Italia che resta a galla ma rischia di finire sempre più ai margini, mentre cresce Fratelli d’Italia al punto da potersi legittimamente proporsi come possibile alleato della Lega in un’ipotetica nuova competizione elettorale, in caso di crisi dell’attuale governo. Aspetti sicuramente interessanti ma, altrettanto indiscutibilmente, marginali rispetto ai due grandi temi che scaturiscono da queste elezioni.
Il primo è che la pesante ma prevedibile (magari non in questi termini) “scoppola” subita certifica il fallimento delle politiche e delle strategie del M5S dal marzo 2018 ad oggi. Il secondo, sicuramente più preoccupante, è l’isolamento e la sempre minore importanza che rischia di avere l’Italia in Europa, con tutte le conseguenze che ciò avrà, già nelle prossime settimane, per il nostro paese. Nel giugno scorso, quando l’alleanza innaturale tra M5S e Lega era diventava realtà, era stato sin troppo facile prevedere, almeno per chi scrive, gli effetti “nefasti” che avrebbe comportato per chi invece a marzo aveva vinto (almeno numericamente) le elezioni politiche. Che Salvini avrebbe pian piano fagocitato i suoi alleati era sin troppo evidente, semmai stupisce che dopo appena un anno sia questa la situazione.
Dopo aver fatto una durissima campagna elettorale contro Salvini e la Lega, già semplicemente il fatto di aver proposto, come se nulla fosse, un’alleanza di governo al Carroccio è stato un autogol clamoroso. I tentativi di giustificare l’ingiustificabile hanno mostrato il volto peggiore del M5S, per nulla differente a quello dei partiti tradizionali. Al di là del patetico tentativo di cambiare le carte in tavola (il contratto di governo presentato come una novità assoluta in realtà è semplicemente una definizione differente del tradizionale accordo di programma usato nei decenni precedente dai vari partiti per giustificare alleanze di governo assolutamente innaturali), in concreto il M5S si è comportato come il Pd di Bersani nel 2013 che, dopo aver fatto una furibonda campagna elettorale contro Berlusconi, ha finito per governarci insieme.
Già sola questa “scellerata” (per il Movimento 5 Stelle) scelta ha provocato delle conseguenze in un elettorato che, a parte il “nocciolo duro”, si era orientato verso Di Maio e C. perché stufo dei soliti partiti e, in buona parte, perché deluso dal Pd e dai partiti di sinistra. In un attimo la (presunta) diversità del M5S si è sgretolata. Quelli che sembravano dei dogmi (mai alleanze con nessuno, massima trasparenza e onestà) di colpo sono svaniti. Il M5S non solo ha accettato di allearsi con chi fino a poche settimane era stato dipinto come il “diavolo” ma ha tradito i suoi principi fondamentali, votando senza battere ciglio al Senato la “mente” delle famose leggi ad personam del periodo berlusconiano e accettando con disinvoltura di governare con chi aveva ed ha dei pesanti scheletri nell’armadio dal punto di vista giudiziario (a partire dalla vicenda dei 49 milioni di euro).
E se c’era ancora qualche dubbio sulla imbarazzante trasformazione del M5S, la vicenda della Diciotti, il soccorso grillino per evitare a Salvini il processo ha spazzato via ogni dubbio. Soprattutto, però, portandolo al governo (e, per giunta, consegnandogli il ministero dell’interno) Di Maio ha fornito su un piatto d’argento al leader della Lega il palcoscenico ideale per proseguire quella campagna propagandistica basata su alcuni temi di forte impatto in una larga parte del paese.
Dal canto suo Salvini è stato abilissimo a sfruttare al meglio la situazione, usando con rara abilità con i suoi alleati “il bastone e la carota” ma non lasciando mai dubbi, almeno nella maggior parte degli italiani, sul fatto che il vero e incontrastato padrone del governo fosse lui. Il disperato “rigurgito” d’orgoglio del M5S delle ultime settimane non è certo servito a qualcosa, anzi, per certi versi ha peggiorato la situazione (che senso ha l’intransigenza nei confronti di Siri dopo aver salvato dal processo Salvini e dopo aver finto di ignorare la vicenda dei 49 milioni di euro?). Il risultato così netto delle europee ora mette Di Maio e il M5S con le spalle al muro e in una situazione difficilissima.
Salvini, come era inevitabile, ha già detto che non ha alcuna intenzione di far cadere il governo. D’altra parte perché mai dovrebbe, situazione migliore di questa per lui non esiste, ha di fatto il comando pieno dell’esecutivo, ha la migliore vetrina possibile per la sua campagna propagandistica, non ha alcun interesse a cambiare le cose. Però, ascoltando attentamente il suo messaggio così rassicurante nei confronti dell’alleato, è emerso con chiarezza che, ancor più dopo un simile risultato, per andare avanti bisogna fare ciò che vuole la Lega.
Non a caso, quando ha sostenuto che ora bisogna solo concentrarsi a portare avanti il contratto di governo, ha citato solo i temi cari al Carroccio, le grandi opere, la flat tax, il nuovo decreto sicurezza, senza dimenticare l’indigeribile (per il M5S) Tav. Il governo va avanti e si fa quello che vogliamo noi è il chiaro messaggio del leader della Lega. Che ha chiuso all’angolo Di Maio che rischia “grosso” qualsiasi cosa decida di fare. E’ chiaro che andando avanti di questo passo
Il M5S rischia se non l’estinzione sicuramente un ulteriore ridimensionamento, è altrettanto chiaro che non sarà facile, dopo un simile voto, alzare la voce e cercare di puntare i piedi per riequilibrare un’alleanza così sbilanciata. L’alternativa è quella di “tirare la corda” e arrivare alla rottura, con sullo sfondo, però, il rischio concreto di tornare subito alle urne e, di conseguenza, consegnare il paese interamente a Salvini (magari con la Meloni). Un bel “pasticcio”, purtroppo il risultato dell’incapacità politica di chi, non si sa bene per quali ragioni, si è ritrovato a fare il leader del partito di maggioranza senza averne minimamente le capacità.
Le “beghe” interne hanno come al solito fatto passare in secondo piano il fatto che, comunque, quelle di domenica 26 maggio erano elezioni europee che avrebbero avuto importanti conseguenze sul panorama politico europeo. Anche in questo caso il risultato è chiaro e, per il nostro paese, molto preoccupante.
L’evocato trionfo dei sovranisti non c’è stato, anzi, la loro avanzata è risultata ben al di sotto delle aspettative. Salvini e la Lega avevano presentato queste elezioni come l’inizio di una nuova Europa, l’armageddon che avrebbe spazzato via l’Europa dei burocrati. Qualche sprovveduto in Italia gli aveva anche dato credito, la realtà uscita dalle urne è completamente differente. Non cambia assolutamente nulla, Popolari e Socialisti (che avevano la maggioranza nel precedente Parlamento europeo) insieme ai liberali di Alde hanno una maggioranza ampissima (intorno ai 430 parlamentari), senza contare la crescita dei Verdi.
Il gruppo dei sovranisti nel quale confluirà la Lega probabilmente non raggiunge neppure i 70 parlamentari, quindi avrà meno del 10%. Anche unendoli artificiosamente con i conservatori (dove confluirà FdI) raggiungerebbero non più di 120-130 seggi, risultando completamente marginali e incapaci in alcun modo di influire. I proclami trionfalistici sulla nuova Europa e sulla possibilità per il governo italiano di incidere in Europa, fatti nella notte da Salvini, sono solamente “fumo negli occhi”.
L’evidenza dei fatti e dei dati dimostra chiaramente che l’Italia è molto più debole di prima in Europa, completamente impossibilitata di incidere in alcun modo sulle politiche europee e assolutamente ai margini. Le conseguenze per il nostro paese rischiano di essere molto pesanti, soprattutto in vista della prossima manovra con la “mannaia” dell’Iva e la necessità di trovare 30 miliardi. Di certo non ci sarà dal nuovo governo europeo alcuna indulgenza nei confronti del nostro paese, anzi, il rischio che si adotti nei nostri confronti “tolleranza zero” è più che concreto.
D’altra parte lo stesso Salvini ha annunciato che presto potrebbe arrivare al nostro governo la lettera di richiamo. E, al di là dei soliti proclami propagandistici buoni soli ad infiammare i suoi fans, il rischio che questa volta il nostro governo abbia addirittura minor margine di trattativa è molto concreto. “Dopo il 26 maggio l’Europa non sarà più la stessa” ha ripetuto in continuazione nel corso della campagna elettorale il leader della Lega. La realtà dei fatti, purtroppo, mostra uno scenario ben differente. L’Europa, in sostanza, è rimasta quella di prima.
L’unica differenza è che il nostro paese ora rischia di essere ai margini e senza alcuna possibilità di incidere. Non una buona notizia…