Mentre a Casal Bruciato c’è chi può permettersi, indisturbato,di minacciare di stupro, una donna con la figlioletta, a Salerno la polizia interviene per fermare chi “osa” contestare il leader della Lega in tour elettorale. E la risposta della Polizia di Stato a Saviano alimenta i dubbi…
Non tira decisamente una bella aria nel nostro paese. Le avvisaglie ci sono da mesi, episodi di preoccupanti e inaccettabili limitazioni delle libertà personali fondamentali ce ne sono stati numerosi in questi ultimi mesi. Ma il susseguirsi dei fatti delle ultime 48 ore apre scenari e prospettive davvero molto inquietanti. Il semplice susseguirsi di alcuni episodi nello spazio di poche ore fotografa alla perfezione ciò che sta avvenendo.
Mentre a Casal Bruciato, nel corso dell’indegna gazzarra scatenata per l’assegnazione di una casa popolare ad una famiglia rom (che per legge ne aveva diritto), il ragazzo (che sia di Casapound o meno conta molto poco) che ha insultato e minacciato di stupro la donna con la figlioletta in braccio non ha avuto problemi con le forze dell’ordine, ad Aversa e Salerno agenti di polizia sono intervenuti con decisione e hanno fermato chi ha “osato” contestare, in maniera del tutto pacifica e senza provocare alcun tipo di problema di ordine pubblico, il ministro dell’interno Matteo Salvini.
Addirittura a Salerno alcuni poliziotti sono entrati a casa di una donna, che, alla finestra di un appartamento a pochi metri dalla piazza dove si doveva tenere il comizio di Matteo Salvini, aveva appeso uno striscione con scritto “Questa Lega è una vergogna”, ordinandole di rimuovere immediatamente lo striscione per non incorrere in presunti (e inesistenti) problemi con la giustizia.
“Due ispettori della Digos – ha raccontato la donna in un video pubblicat6o su “Repubblica.it – mi hanno detto di rimuoverlo immediatamente, sostenendo che in caso contrario mi avrebbero deferito e avrei avuto problemi legali”. Non che sia meno grave ciò che poi è avvenuto con una ragazza che, approfittando della mania del leader della Lega di fare selfie con i suoi fans, mentre faceva la foto ha chiesto al vicepremier “Non siamo più terroni di merda”.
“Cancella questo video” ha subito replicato il vicepremier rivolgendosi agli agenti che erano lì a fianco. Che hanno immediatamente eseguito, allontanando la ragazza e requisendole con modi bruschi il telefono per cancellare il video. Siamo ampiamente oltre il limite e, se per l’episodio del cellulare requisito alla ragazza ci può essere qualche minima attenuante (tirata per i capelli…) determinata dall’immediatezza della vicenda e dalla comprensibile difficoltà degli agenti di non assecondare la richiesta del ministro, per lo striscione fatto rimuovere non ci possono essere scusanti. I due episodi da soli sarebbero già particolarmente gravi e richiederebbero un immediato intervento. Ma diventano ancor più inaccettabili proprio in relazione a quanto accaduto a Casal Bruciato.
La sensazione, forte e sgradevole, che in tema di ordine pubblico ci sia la volontà (alimentata dai comportamenti e dalle dichiarazioni del ministro dell’interno) di fare delle imbarazzanti distinzioni. Tolleranza estrema da un lato e massima intransigenza (ben oltre il dovuto e il consentito) dall’altro.
Per carità, la durezza delle espressioni usate da Salvini nei confronti di chiunque osi contestarlo, messa in relazione con i toni sin troppo concilianti quando deve commentare episodi e comportamenti illegali di una determinata frangia politica, fa parte della propaganda politica, magari la più becera, demagogica e di bassa lega ma resta pur sempre una posizione politica. Che, per altro, il ministro adotta per accaparrarsi i voti di una parte di coloro che gravitano nell’area della destra estrema.
Ma Salvini leader della Lega è e resta pur sempre il ministro dell’interno (per quanto nei ritagli di tempo, perché l’assoluta priorità viene data al primo ruolo…). E se le forze dell’ordine o anche solo alcune frange poi si comportano mettendo in pratica quelli che sono i proclami propagandistici e demagogici del ministro stesso, allora il problema è molto serio. Perché nei fatti questo è quello che sta accadendo. Salvini, lo ha dimostrato e lo dimostra in continuazione, come molti dei “polituncoli” di basso livello è completamente allergico alle critiche e alle contestazioni.
Non è il primo e non sarà l’ultimo, reagisce sempre in modo stizzito e usando toni sin troppo esasperati ogni qual volta qualcuno osa criticarlo e attaccarlo. Ma se, autonomamente o per richiesta espressa del ministro, i rappresentanti delle forze dell’ordine scendono in campo non per garantire la sicurezza del ministro (la ragazza con il cellulare non lo era sicuramente ma, in ogni caso, è del tutto evidente che quello striscione esposto su un balcone non poteva in alcun modo rappresentare un pericolo…) ma per impedire che venga contestato, in forma assolutamente pacifica e non eccessiva, allora siamo di fronte a qualcosa di molto grave. Che in uno stato di diritto, libero e democratico, non può in alcun modo essere tollerato.
A rendere più imbarazzante la situazione ci sarebbe un particolare, che si continua a fingere di ignorare, che non è certo secondario. Salvini, che ripetiamo è vicepremier e ministro dell’interno, è al centro di queste forme di contestazioni in questi giorni nel corso del suo tour elettorale che sta facendo tappa nei comuni nei quali il 26 maggio si voterà, oltre che per le europee, anche per le amministrative.
Ci sarebbe molto da dire e da eccepire su un ministro che resta pur sempre un rappresentante istituzionale di tutti gli italiani, non di una sola parte politica, che da quando è in carica passa la maggior parte del tempo in giro per l’Italia a fare comizi e campagna elettorale (tra le elezioni in Abruzzo, Sardegna, Friuli, Molise e ora in vista di europee e amministrative). Ma in un paese che ha zero coscienza civica e ancor minore conoscenza del funzionamento delle istituzioni, tutto ciò passa quasi inosservato.
Al di là dell’opportunità di un simile comportamento (ricordiamo bene le furiose polemiche scatenate, non certo a torto, dal M5S quando il premier Renzi partecipava ad appuntamenti di campagna elettorale del suo partito, ora invece dai “grillini” non viene sollevata alcuna obiezione…), si sta creando una pericolosa confusione dei ruoli, con la conseguenza non di poco conto che, con determinati comportamenti, le forze dell’ordine rischiano di dare l’impressione (magari sbagliata…) di schierarsi con una parte politica.
Anche quell’affannarsi per tenere lontano possibili contestatori nei comizi di piazza di Salvini (è accaduto ovunque, anche mercoledì sera ad Ascoli, con uno spiegamento di polizia in tenuta anti sommossa a dir poco imbarazzante) non è in alcun modo accettabile. Perché, al di là del fatto che in un paese democratico dovrebbe poter essere consentito di contestare (in maniera civile) anche gli esponenti del governo, in quelle circostanze si sta proteggendo un esponente di partito, non un ministro. Allora bisognerebbe farlo in occasione di ogni comizio di qualsiasi esponente politico, di maggioranza o opposizione.
Come se non bastasse, ad accentuare i sospetti e ad alimentare un clima sempre più preoccupante, è arrivato nelle ore scorse lo sconcertante post su twitter della Polizia di Stato in risposta ad un duro commento nei confronti del ministro Salvini da parte di Saviano. Che, sempre su twitter, in un lungo post aveva criticato duramente l’ambiguità del leader della Lega sui fatti di Casal Bruciato e sul suo atteggiamento nei confronti di Casapound, facendo poi riferimento ai rischi che secondo Saviano si corrono alimentando un tal clima e al modo in cui il ministro utilizza le forze dell’ordine.
“Una riflessione – scrive Saviano – merita anche la condizione nella quale il ministro ha ridotto la polizia di stato. Un servizio d’ordine a disposizione della campagna elettorale di un partito. Uomini costretti a sequestrare striscioni a persone anziane, a sequestrare telefonini che turbano la grave forma di selfie del ministro. Che pena“. Peccato, però, che a rispondere alle critiche di Saviano, ci abbia pensato non il ministro o qualche esponente del suo partito ma la Polizia di Stato dall’account twitter istituzionale.
“La polizia di Stato serve il Paese e non è piegata ad alcun interesse di parte – scrive la Polizia si Stato – chi sbaglia paga nelle forme prescritte dalla legge. Che pena leggere commenti affrettati e ingenerosi per dispute politiche o per regolare conti personali“. La vera pena, però, è vedere la Polizia di Stato che (si spera del tutto inconsapevolmente) entra a gamba tesa su una disputa che, condivisibile o meno, è esclusivamente politica.
Un altro tassello in un contesto già decisamente preoccupante.