Accade di tutto in questa paradossale campagna elettorale: chi ha governato la città promette di fare quello che non ha fatto per 20 anni, chi accusava sindaco e assessori ora si schiera al loro fianco. Per non parlare del solito festival di promesse degne di Cetto La Qualunque…
“Partiamo dal presente… scriviamo il futuro”. Inizia così il programma elettorale del candidato sindaco Marco Fiorvanti, uno dei due candidati del centrodestra. Manca in quello slogan, ma è prerogativa fondamentale per convincere i cittadini ascolani a far scrivere il futuro della città a chi la governa da 20 anni, “dimentichiamo il passato”.
Perché bisogna resettare tutto, azzerare la memoria e dimenticare quanto accaduto negli ultimi anni per continuare a dare fiducia e affidare la responsabilità di risollevare il capoluogo piceno a chi lo ha ridotto in questo stato. E che Ascoli non se la passi certo bene ce lo ha ricordato in continuazione nei giorni e nelle settimane passate lo stesso Marco Fioravanti (poi evidentemente qualcuno deve avergli fatto notare che rischiava il clamoroso autogol) che ha ripetuto sui social e nelle interviste sui quotidiani “Ascoli deve rialzarsi”.
E’ del tutto ovvio, non bisognerebbe neppure sottolinearlo, che se il capoluogo piceno ha la necessità di rialzarsi è perché è sprofondato a terra. E di chi sarà mai la responsabilità se ciò è accaduto? Per caso di chi (Fioravanti compreso) ha governato questa città negli ultimi 20 anni?
“Da diversi anni Ascoli appare come una città ferma. La crisi economica e l’assenza di un progetto strutturato hanno prodotto una situazione di sostanziale immobilità se non di regressione” si legge nel primo capitolo del programma elettorale dell’altro candidato del centrodestra, Piero Celani, dal titolo (“Perché cambiare”) che sembra un pesce d’aprile. “Dobbiamo dare servizi ad una città bloccata da 10 anni” ha poi ribadito alla presentazione del programma stesso l’attuale vicepresidente del Consiglio regionale. Che, nelle successive uscite, insieme ai suoi alleati ha sempre ribadito e sottolineato il concetto di Ascoli come città ferma, rimasta indietro.
Dunque, riassumendo brevemente, sia nei rispettivi programmi elettorali sia nelle dichiarazioni riportate sui quotidiani e fatte nelle prime uscite pubbliche, entrambi i candidati sindaci (Fioravanti e Celani) hanno candidamente ammesso che 20 di amministrazione del centrodestra hanno messo al tappeto il capoluogo piceno, al punto che loro stessi descrivono “una città ferma da 10 anni” e che “deve rialzarsi”.
La cosa esilarante, ben più che surreale, è che dopo aver amministrato insieme per 20 anni ora gli uni accusano gli altri per quanto accaduto. Giusto per rinfrescare la memoria ai cittadini ascolani, con Fioravanti (che negli ultimi 5 anni è stato il presidente del Consiglio comunale, in pratica la seconda carica, dopo il sindaco, dell’amministrazione comunale) ci sono Donatella Ferretti (assessore ai servizi sociali e vicesindaco della giunta Castelli), Massimiliano Brugni (assessore allo sport ), Giovanni Silvestri (assessore al patrimonio) e Alessandro Filiaggi (assessore alle attività produttive).
Con Piero Celani (sindaco del Comune di Ascoli dal 1999 al 2009, presidente della Provincia di Ascoli dal 2009 al 2014, attualmente vicepresidente della Regione) ci sono Luigi Lattanzi (assessore all’urbanistica), Valentino Tega (fino al maggio 2018 assessore agli investimenti) e Daniele Gibellieri (assessore alle finanze). E’ semplicemente ridicolo quel rimpallarsi le responsabilità, se, come ripetono da settimane, Ascoli è davvero ferma da 10 anni e deve rialzarsi, le colpe devono essere equamente divise tra loro, senza distinzioni.
Ancor più ridicolo e paradossale, poi, è il fatto che siano proprio loro a promettere di fare nei prossimi mesi, nei prossimi anni, quello che non hanno fatto in questi 10-20 anni. Ascoltare e leggere le loro promesse per quanto concerne la sicurezza delle scuole, dopo che se ne sono fregati in tutti questi anni, o per la rivitalizzazione del centro storico, dopo che con le loro dissennate scelte hanno pesantemente contribuito e facilitato il suo inesorabile declino, è un insulto all’intelligenza degli ascolani.
Sarebbe sufficiente tutto ciò per avere un’idea di quanto paradossale e surreale sia questa campagna elettorale in vista delle elezioni comunali del prossimo 26 maggio. Invece c’è molto altro, c’è di tutto e di più e, quando mancano ancora una ventina di giorni all’appuntamento elettorale, di follie, paradossi, “castronerie”, “improbabili sparate” ne abbiamo viste e ascoltate talmente tante che è persino difficile citarle e ricordarle tutte.
Con il concreto rischio che, come cantava Ligabue, “il meglio deve ancora venire” (o il peggio, dipende dai punti di vista), visto che è sin troppo facile immaginare che la campagna elettorale entrerà ancora più nel vivo con l’avvicinarsi della data del 26 maggio. Già semplicemente i numeri rendono perfettamente l’idea della situazione farsesca: 7 candidati sindaci, ben 25 liste e 733 candidati consiglieri. Come ampiamente evidenziato, il centrodestra che da 20 anni governa la città si è diviso (e tra le due parti stanno volando gli stracci, uno spettacolo davvero pietoso) e ha due candidati sindaci.
Il centrosinistra che, vista la situazione, rischiava seriamente di avere qualche possibilità di vittoria (sembrava riproporsi la stessa situazione che portò alla vittoria di Roberto Allevi, unico sindaco di centrosinistra della storia della città), ha pensato bene di fare quello che sa fare meglio, litigare e dividersi, presentando due candidati distinti (il candidato più rappresentativo sarebbe Tafazzi…). Da parte sua il Movimento 5 Stelle non ha trovato di meglio che presentare lo stesso candidato sindaco che 5 anni fa prese una storica batosta, fermandosi ampiamente sotto il 10% (chissà, magari stavolta arriverà la rivincita…).
Dando, invece, uno sguardo alle varie liste in appoggio dei candidati sindaci, la situazione se possibile è ancora più paradossale. C’è chi per anni ha fatto dura opposizione alle amministrazioni di centrodestra (e fino a qualche mese fa continuava a farla) che all’improvviso, come folgorato sulla via di Damasco, si è reso conto di aver sbagliato tutto in questi anni e, per redimersi, si è votato alla causa di questo o quel candidato sindaco del centrodestra, schierandosi con convinzione (così è se vi pare…) al fianco di quegli assessori e di quegli esponenti che fino a qualche mese fa considerava “il peggio del peggio”.
A dire la verità la “folgorazione” deve essere stata collettiva perché, con i due schieramenti di centrodestra, di candidati consiglieri che fino a poco tempo fa erano sul fronte opposto ce ne sono numerosi. Anzi, addirittura c’è una lista che, vista la presenza di diversi esponenti notoriamente da sempre di centrosinistra, viene spontaneo pensare che venga erroneamente collocata con il centrodestra, che la sua collocazione naturale sarebbe in uno dei due schieramenti del centrosinistra.
In qualche caso, poi, la “folgorazione” deve essere stata parecchio violenta e ha coinvolto anche uno degli argomenti più caldi della campagna elettorale, visto che c’è qualche autorevole candidato che solo 2 anni fa era un convinto sostenitore dell’ospedale unico del Piceno, al punto da ribadirlo con chiarezza nel corso di un convegno sulla sanità, mentre oggi è tra i paladini della lotta contro l’ospedale unico. Potere della campagna elettorale, periodo nel quale è possibile tutto e il contrario di tutto. Sorvoliamo per decenza, invece, sulle imbarazzate e imbarazzanti motivazioni con le quali i protagonisti di queste “giravolte” tentano di giustificarsi.
Sarebbe già sufficiente per avvertire un forte senso di nausea, ma siamo solo all’antipasto di un lauto pranzo che rischia di rimanere indigesto (soprattutto alla città). Perché se passiamo da candidati e liste alle proposte programmatiche e alle promesse si supera davvero ogni limite dell’immaginabile. Certo, non è una novità (almeno nel nostro derelitto paese) che in campagna elettorale si promettano ogni genere di prodigi e di miracoli.
Ma di fronte a quello che sta accadendo nel capoluogo piceno persino le promesse elettorali di “Cetto Laqualunque” (anche il suo cavallo di battaglia “più pilu per tutti”…) apparirebbero più credibili e meno demagogiche. Servirebbero pagine e pagine per citare le faraoniche promesse ascoltate in queste settimane. Dai “varchi allentati” alla pedonalizzazione a tempo, dalla fantasmagorica funivia di collegamento Ascoli-San Marco alla nuova curva sud in tempi rapidissimi, dal Louvre a piazza Arringo al “sempre verde” riconoscimento dell’Unesco (proposto da quasi tutti gli schieramenti).
Senza dimenticare il boom dell’occupazione, la miracolosa riapertura delle fabbriche chiuse da decenni, la repentina rivitalizzazione del centro, il ripopolamento demografico (una sorta di moltiplicazione dei pani e dei pesci in chiave moderna) e chi più ne ha più ne metta.
Naturalmente senza dimenticare argomenti che possono sempre portare tantissimi voti: l’Ascoli (a proposito, strano che ancora nessun candidato ha promesso di adoperarsi per portare i bianconeri in serie A, chissà da qui al 26 maggio c’è ancora tempo per farlo…) e la Quintana (a proposito di “folgorazioni”, ne deve aver avuto una fortissima anche la parlamentare grillina Rachele Silvestri che, dopo “solamente” 12 anni, guarda il caso a ridosso delle elezioni si è ricordata di chiedere per Porta Solestà il palio del luglio 2007 mai assegnato…).
Che dire, neppure il genio mondiale della comicità demenziale, Mel Brooks, sarebbe riuscito a scrivere un copione così esilarante e paradossale. Qualcuno, sempre ironicamente, riprendendo il titolo e il ritornello di una famosa canzone di Jovanotti, ha definito l’attuale campagna elettorale nel capoluogo piceno “il più grande spettacolo dopo il big bang”.
Uno spettacolo di rara comicità, da “scompisciarsi” dalle risate se non fosse che in gioco c’è qualcosa di terribilmente serio: il futuro di una città già moribonda…