Un comunicato della Lega Calcio, interpretato in maniera sballata, innesta una pioggia di polemiche per la scelta di giocare in un paese che discrimina le donne e calpesta i diritti umanitari. Ma che fino a qualche settimana fa era considerato un modello da chi oggi contesta…
Partiamo da un presupposto indiscutibile. Far giocare la Supercoppa italiana in Arabia Saudita è una vergogna per il calcio italiano. E non lo è certo diventata ora che qualcuno (ministro degli interni compreso) ha scoperto (per altro sbagliando anche ad interpretare un comunicato stampa) che le donne in quel paese continuano ad essere gravemente discriminate (ma guarda che sorpresa…).
Lo era già a giugno, quando la Lega Calcio ha stretto l’accordo con l’Arabia Saudita. Lo era ancora di più ad ottobre quando, pochi giorni dopo l’omicidio di Jamal Khashoggi, sempre la Lega Calcio ufficializzava che già l’edizione 2018 si sarebbe giocata nel paese saudita (il 16 gennaio 2019 a Gedda).
Ma l’indecente teatrino che si è scatenato in queste ore, dopo che qualcuno ha pubblicato sui social, interpretandolo in maniera completamente sballata, il comunicato stampa relativo alla vendita dei biglietti, è davvero deprimente e ci trasmette ancora una volta l’imbarazzante immagine di un paese completamente impazzito, che ha perso ogni senso del ridicolo.
Sembra incredibile, siamo oltre il surreale, ma la civilissima Italia e i suoi più alti rappresentanti istituzionali improvvisamente la mattina del 3 gennaio 2019 hanno scoperto che l’Arabia Saudita non è certo un modello di democrazia, né tanto meno un esempio in fatto di rispetto dei diritti civili e umanitari e, soprattutto, continua a discriminare pesantemente le donne. E, ironia della sorte, l’hanno scoperto prendendo “fischi per fiaschi”, quasi si può dire che se ne sono accorti grazie ad una fake news.
Quella condivisa da qualcuno dopo aver letto il comunicato stampa con il quale la Lega Calcio rendeva noto le modalità di acquisto dei biglietti per la Supercoppa. In particolare il passaggio nel quale vengono indicati i settori dello stadio: “singles” riservati agli uomini, “families” per uomini e donne. Tutto molto chiaro, ci sono settori dello stadio riservati esclusivamente agli uomini (ai quali le donne non possono accedere) e ci sono settori il cui accesso è riservato sia agli uni che agli altri.
Invece qualcuno ha gridato allo scandalo, sostenendo che in pratica le donne non potranno andare allo stadio se non accompagnate dagli uomini. Non è così, lo ha ribadito immediatamente la Lega Calcio e l’ha confermato anche l’ambasciata saudita. Ma cosa importa, pochi minuti e l’interpretazione “sballata” è diventata virale e ha scatenato le immancabili reazioni.
Ha iniziato l’ex presidente della Camera Laura Boldrini poco prima delle 13 su twitter. “Le donne alla Supercoppa Italiana vanno allo stadio solo se accompagnate dagli uomini. Ma scherziamo? I signori del calcio vendano pure i diritti del calcio ma non si permettano di barattare i diritti delle donne”. Pochi minuti dopo ecco immancabile arrivare Giorgia Meloni, la leader di Fratelli d’Italia. “Quindi una donna italiana che volesse comprarsi il biglietto per vendere la partita da sola o con un gruppo di amiche non può farlo. Ma che schifo è? Abbiamo venduto secoli di civiltà europea e di battaglie per i diritti delle donne ai soldi dei sauditi? La Federcalcio blocchi subito questa vergogna”.
Vista la protesta montante e fiutata la possibilità di fare ciò che gli riesce meglio, cioè un po’ di propaganda, qualche ora dopo ecco spuntare l’immancabile video di Matteo Salvini. “Che la Supercoppa italiana si giochi in un paese islamico dove le donne non possono andare allo stadio se non accompagnate da un uomo è una tristezza, una schifezza, io la partita non la guardo” ha tuonato il ministro degli interni. Che poi, evidentemente non avendo ancora smaltito i “bagordi” di inizio anno, si è lanciato in un’incomprensibile attacco nei confronti dell’ex presidente della Camera (“dove sono le femministe e le Boldrini di turno?”) che, pure, già si espressa alcune ore prima.
La cosa più deprimente è che, senza nemmeno preoccuparsi di verificare cosa realmente stesse accadendo, la maggior parte dei media italiani hanno subito rilanciato la polemica. Così nello spazio di poche ore abbiamo assistito ad un diluvio di commenti, editoriali, interventi autorevoli, tutti indignati e unanimi nello stigmatizzare il fatto che le povere donne saudite non potranno andare allo stadio ad assistere alla Supercoppa se non accompagnate da un uomo.
Ancora più triste e più squallido il fatto che, una volta arrivate tutte le smentite del caso e verificato che la realtà è un po’ differente, quegli stessi media hanno immediatamente spostato il tiro, parlando in generale della situazione delle donne in Arabia. Che squallore!
Naturalmente il fatto che in realtà le donne potranno entrare autonomamente allo stadio (senza la necessità di essere accompagnate da un uomo) non rende certo meno sconcertante il fatto che nello stadio ci sarà un settore riservato esclusivamente agli uomini. Ma davvero ci si può stupire? Davvero ci si rende conto ora della situazione di quel paese? In Arabia Saudita le donne da sempre non possono muoversi, non possono vestirsi come vogliono e non possono lavorare liberamente. Da sempre le donne sono pesantemente discriminate, così come da sempre non sono garantiti i più elementari diritti civili.
Eppure da sempre il nostro paese fa affari d’oro con l’Arabia Saudita e da sempre ha consolidati rapporti politici e di collaborazione economica e commerciale. Secondo calcoli approssimativi sono in ballo centinaia e centinaia di milioni di euro per il nostro paese. Di fronte a tutti quei soldi nessuno si è mai preoccupato di dire nulla, di sollevare una qualsiasi obiezione per queste privazioni dei diritti. Allora perché oggi ci si stupisce e ci si indigna se la Lega Calcio, per qualche decina di milioni di euro, fa quello che i nostri governi e le nostre imprese fanno da tempo? Soprattutto, perché solo ora, dopo la pubblicazione di quella che è un’evidente bufala, si è montato il caso?
L’accordo, su base triennale, per far giocare la Supercoppa italiana in Arabia Saudita è stato siglato dalla Lega Calcio a giugno. Un paio di settimane prima Amnesty International aveva diffuso l’annuale rapporto sulla situazione nel paese saudita che evidenziava gravissime violazioni ai diritti civili e umanitari, con la contestuale persecuzione degli oppositori, il puntuale e quotidiano calpestamento anche dei più elementari diritti delle donne e tante altre gravi situazioni.
Quasi nessuno nel nostro paese, però, ha sollevato perplessità, ha quanto meno sollevato il dubbio se fosse il caso di siglare quell’accordo. Ad aggravare la situazione, poi, il 2 ottobre scorso era arrivato l’efferato assassinio del giornalista saudita, inviso al regime guidato da Mahammad Bin Salman, ad Istanbul, nei locali del Consolato dell’Arabia Saudita. Una vicenda che ha provocato la reazione di tutto il mondo civile ma che, proprio in quei giorni, non ha impedito alla Lega Calcio di ufficializzare che già l’edizione 2018 della Supercoppa si sarebbe giocata nel paese saudita, precisamente a Gedda il prossimo 16 gennaio.
Allora, per la verità, qualche reazione si era avuta anche in Italia. L’ex ministro allo sport Lotti e una parte dell’opposizione avevano chiesto alla Lega Calcio di spostare la sede della Supercoppa, chiedendo l’immediato interessamento da parte del governo. Simile richiesta era arrivata anche da diverse associazioni umanitarie e dai sindacati dei giornalisti Rai. Ma, neanche a dirlo, erano cadute nel vuoto, anche perché in quelle settimane l’Arabia Saudita era un paese da prendere come riferimento nel mondo arabo, almeno secondo i proclami di Matteo Salvini (si proprio lo stesso che oggi strepita e accusa).
Che, per altro, in quei giorni dopo aver incontrato l’ambasciatore saudita in Italia (Faisal Bin Sattam Bun Abdulaziz Al Saud), affermava che “l’Arabia Saudita costituisce un elemento di stabilità e affidabilità tanto nei rapporti bilaterali quanto come attore nel più generale scacchiere mediorientale. E’ mio intenzione rilanciare la collaborazione tra i due paesi per riprendere un dialogo costruttivo non solo in tema di sicurezza ma in tutti i settori economici, commerciali e culturali”. Evidente ed inaccettabile, quindi, la profonda ipocrisia della protesta di queste ore.
Fermo restando che, come abbiamo subito premesso, non avremmo mai fatto giocare la Supercoppa italiana di calcio in Arabia Saudita così come in qualsiasi altro paese in condizioni simili, è ora di finirla con questa subdola e ipocrita indignazione “a targhe alterne”. Così come bisogna smetterla di riversare nel calcio (fatte salve le responsabilità che la Lega Calcio per questa scelta poco condivisibile) le responsabilità che non si vogliono prendere in altri e ben più importanti settori. Stabilendo una volta per tutte fino a che punto è giusto difendere certi principi.
Sempre e in ogni campo, costi quel che costi, e non solamente per una partita di calcio…