Quasi 2 mila ponti e viadotti a rischio, 3 miliardi per la messa in sicurezza
Nelle Marche sono 117 i ponti che necessitano di intervento immediato (priorità 1), per un investimento di 132 milioni. Tra questi anche i 9 del territorio piceno, indicati dal presidente della Provincia D’Erasmo. Che ha lanciato un appello, per ora inascoltato, ai parlamentari ascolani
Ci saranno i miliardi sufficienti almeno per far partire il reddito di cittadinanza? E per avviare il superamento della Fornero? E la flat tax e il condono fiscale (da chiamare “pace” per non turbare troppo l’elettorale del M5S…)? Da giorni ormai sono questi gli interrogativi ricorrenti nell’attesa, sempre più lunga, di vedere finalmente cosa contiene in concreto il Def (Documento di programmazione economica e finanziaria).
Attesa e discussioni che, come ampiamente previsto, hanno fatto passare in secondo piano, se non proprio dimenticare, altre questioni che, invece, dovrebbero essere considerate delle vere e proprie urgenze. Parliamo ovviamente della sicurezza delle scuole, problema come al solito dimenticato da questo governo. Ma, soprattutto, parliamo di quella che solo fino a pochi giorni fa era considerata la più grave emergenza di questo paese, cioè la sicurezza di ponti e viadotti.
Non sono trascorsi due mesi dalla tragedia del ponte Morandi di Genova, siamo ancora in attesa che il governo si decida a nominare il commissario straordinario (“faremo prestissimo, pochi giorni e nomineremo subito il commissario” aveva assicurato il presidente del Consiglio Conte nei giorni in cui ancora si scavava tra le macerie alla ricerca di qualche superstite…), ma quella che sembrava essere diventata la più importante priorità nell’agenda politica del nostro paese è già finita nel dimenticatoio. Però ora un’importante novità c’è.
Perché sappiamo con esattezza quante e quali sono le situazioni a rischio in ogni regione, in ogni provincia. E sappiamo anche che, per far fronte immediatamente a questa emergenza, servono subito circa 3 miliardi di euro. Lo rivela con un comunicato stampa l’Unione Province d’Italia (Upi) che rende noto l’esito del monitoraggio chiesto con urgenza dal ministero delle infrastrutture nei giorni successivi alla tragedia di Genova.
Come purtroppo avviene sempre in Italia, l’attenzione per un’emergenza arriva solo dopo che si è verificata una tragedia. Poi, con il passare dei giorni e con il ricordo di quella stessa tragedia che si fa sempre più flebile, puntualmente i riflettori su quella emergenza si spengono e tutto torna come prima. C’è da sperare che non capiti la stessa cosa con l’emergenza ponti, anche se la possibilità che la solita storia si ripeta sembra essere molto concreta.
Sei giorni dopo il crollo del ponte Morandi, esattamente il 20 agosto scorso, il ministro Toninelli, con una lettera inviata dal Provveditore per le opere pubbliche a Comuni, Province e Regione, aveva dato 10 giorni di tempo a quegli enti per comunicare al Mit (ministero infrastrutture e trasporti) gli interventi necessari per “rimuovere condizioni di rischio riscontrate nelle tratte infrastrutturali di competenza”. Inevitabili le polemiche e le proteste che ne erano seguite per il brevissimo tempo a disposizione per effettuare il monitoraggio richiesto.
Ma, nonostante tutto, con grande senso di responsabilità le Province si sono immediatamente attivate ed hanno concretamente risposto alla richiesta del Mit. “Entro la prima settimana di settembre – si legge nel comunicato stampa dell’Upi – tutte le 76 Province hanno risposto alla richiesta del Mit inviando i dati”. L’Upi fornisce poi i dati relativi al monitoraggio evidenziando come complessivamente sono 5.931 le opere sottoposte all’attenzione delle Province.
E di queste quasi 6 mila opere, poco meno di 2 mila (esattamente 1.918) necessitano di intervento immediato e urgente (priorità 1) perché già soggetti a limitazione del transito o della portata, se non chiusi. Complessivamente, secondo la stima dell’Upi, servirebbero circa 2,5 miliardi per coprire questi interventi. Ci sono poi oltre 14 mila opere (14.089 per l’esattezza) da sottoporre ad indagini tecnico diagnostiche, per un costo ulteriore di quasi 600 milioni di euro.
La Lombardia, con 328, è la regione che necessita del maggior numero di interventi priorità 1, seguita dal Piemonte con 324. Per quanto concerne le Marche complessivamente sono 225 ponti e viadotti monitorati, di cui più della metà (117) necessitano di intervento immediato (priorità 1), per un investimento complessivo di 132 milioni di euro.
A cui bisognerebbe aggiungere i 6,5 milioni di euro per le indagini tecnico diagnostiche su ulteriori 639 strutture. Come già anticipato dal presidente D’Erasmo, per quanto riguarda la provincia di Ascoli sono 9 gli interventi considerati priorità 1, per un investimento complessivo richiesto di 6,5 milioni di euro.
Nel dettaglio si tratta del ponte sulla provinciale 88 Valditronto (km 0+348) ad Ascoli, del ponte in muratura e su quello in cemento sull’Ancaranese a Castel di Lama, del ponte sulla Mezzina (km 1+560) sempre a Castel di Lama, del ponte in zona fosse di Caico (Offida) sempre della Mezzina, di quello della provinciale 1177 Cerreto-Monsampietro a Venarotta (km 3+730), di quello sulla provinciale 4 ad Appignano (km 3+455), del ponte sulla provinciale 116 Vallesenzana ad Appignano (km 5+300) e del ponte sulla provinciale 234 Croce Rossa a Rotella (km 1+400).
Ulteriori 3,5 milioni di euro sono, poi, stati chiesti per “attività di censimento e ispezione primaria”, cioè per le indagini diagnostiche. Nella propria relazione successiva al monitoraggio la Provincia di Ascoli aveva chiesto anche ulteriori 14 milioni di euro per l’adeguamento normativo delle barriere di sicurezza.
Al di là di quest’ultima richiesta, ciò che conta e che è importante è che il governo agisca con rapidità di conseguenza. Perché, al netto delle polemiche per i tempi troppo brevi per il monitoraggio, alla fine comunque l’intransigenza del Mit nel non concedere settimane in più alle Province ha ottenuto i suoi frutti. Ora, però, serve che il ministro Toninelli e il governo stesso si comportino di conseguenza, senza indugi e senza ritardi.
Perché altrimenti quello che al momento appare come una giusta intransigenza inevitabilmente si trasformerebbe in una semplice mossa propagandistica. In tal senso le richieste avanzate dall’Upi al governo sono, a nostro avviso, solo parzialmente condivisibili. Sicuramente lo è la richiesta di inserire almeno i 730 milioni necessari a coprire gli interventi più urgenti nel decreto legge per Genova.
Meno il fatto che si chieda, per il bilancio 2019, la costituzione di un fondo pluriennale straordinario di 3 miliardi per le opere infrastrutturali viarie (ponti, viadotti, gallerie) di pertinenza delle Province. Perché quei 3 miliardi (che è la somma necessaria per far fronte all’emergenza sulla base del monitoraggio effettuato dalle Province) vanno stanziati subito, per il 2019 e non per interventi da differire negli anni. Sarebbe, infatti, a dir poco ridicolo che l’urgenza si limitasse solo alla fase conoscitiva, prendendosela poi comoda nel momento in cui sono finalmente note le situazioni più gravi sulle quali bisogna intervenire.
A tal proposito c’è un po’ di amarezza e stupore per il silenzio dei rappresentanti parlamentari del nostro territorio. A loro (Rachele Silvestri, Roberto Cataldi e Giorgio Fede del M5S e Giorgia Latini della Lega) il presidente della Provincia D’Erasmo, proprio sulla base di quanto emerso da quel monitoraggio, aveva inviato una lettera ricordando le necessità del territorio e chiedendo loro “un impegno diretto nelle sedi parlamentari competenti, volto ad ottenere l’erogazione indispensabile e celere dei finanziamenti annunciati dal governo per la manutenzione dei ponti del Piceno”.
Un appello fino ad ora incomprensibilmente rimasto inascoltato.