Secondo il rapporto “Infosfera” l’82% degli italiani non è in grado di riconoscere una notizia “bufala” e l’80% ritiene che le fake news non siano un fenomeno preoccupante. Così sul web si diffondono e proliferano “bufale” come quella su Juncker e su Saviano
Non ci ha certo stupito il dato emerso dal rapporto “Infosfera” sull’universo mediatico italiano secondo cui ben l’82% degli italiani non è in grado di riconoscere una notizia “bufala” (le cosiddette “fake news”) sul web. D’altra parte basta navigare un po’ tra i social per rendersene conto, per verificare come quasi sempre le “fake news” siano molto più condivise e seguite delle notizie “ufficiali”.
Il rapporto, realizzato dal gruppo di ricerca sui mezzi di comunicazione di massa dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli (in collaborazione con i ricercatori dell’Associazione italiana della comunicazione pubblica e istituzionale e del Centro Studi Democrazie Digitali e della Fondazione Italiani – Organismo di Ricerca), fornisce una serie di dati allarmanti e, al tempo stesso, contraddittori. Tra i primi sicuramente da annoverare il fatto che crescono i malanni da “overdose di web” (stati d’ansia, insonnia, confusione e frustrazione, dolori di stomaco e mal di testa, dimenticanze) e che cresce la dipendenza dal web.
Tra i secondi da menzionare quello secondo cui per l’87% degli italiani i social network non offrono più opportunità di apprendere notizie credibili però quasi il 90% di loro li utilizza per informarsi.
“Visione distorta della realtà”
Ma il dato che maggiormente ci interessa e che meriterebbe un serio approfondimento e una profonda riflessione è sicuramente quello relativo all’incapacità di riconoscere una notizia bufala, reso ancora più sconcertante dal fatto che per quasi l’80% degli italiani in fondo le fake news non sono certo un fenomeno così grave e non indeboliscono la democrazia, mentre l’87% è convinta che l’informazione che circola in rete è professionale e attendibile.
“Si tratta di dati inquietanti – spiega Eugenio Iorio, docente di Social media marketing dell’Università di Napoli e coordinatore scientifico della ricerca – perché i cittadini/utenti sprovvisti dei più elementari strumenti di analisi e di critica della realtà e privi di qualsiasi strumento di difesa, tendono ad avere una visione distorta della realtà, una visione sempre più prossima a quella desiderata dai manipolatori delle loro capacità cognitive“.
Come sottolinea la direttrice della Euromedia Research, il problema è che si va in rete non per informarsi ma molto più semplicemente per avere conferme e supporti alle proprie idee, al proprio convincimento. Ed ecco che, allora, con una simile predisposizione è praticamente inevitabile che si finisca di credere a qualsiasi bufala (se in linea con il proprio convincimento) anche a quelle più palesemente improbabili, alle quali non crederebbe neppure un bambino.
Con l’aggiunta che poi, anche di fronte all’evidenza, si finisce per chiudere gli occhi (e la mente) e ci si ostina a continuare a credere che ci sia almeno qualcosa di vero in quella bufala. In tal senso proprio nei giorni scorsi abbiamo avuto degli esempi emblematici di questa distorsione, con le clamorose e palesemente improbabili bufale su Junker e Saviano.
Quella sul presidente della Commissione europea è ai limiti della follia ed ha coinvolto anche alcuni esponenti politici italiani (anche la stessa Giorgia Meloni è caduta nella clamorosa bufala). Già è incredibile che ci sia chi davvero possa credere che Juncker si possa presentare al vertice dei capi di stato in quelle condizioni perché ubriaco.
Ma quel che è peggio è che non ci si arrende neppure di fronte all’evidenza (certificati medici, testimonianze dei medici e di altri capi di stato). Nonostante atti e testimonianze inequivocabili c’è chi continua a credere alla “bufala” che il presidente della Commissione europea sia in quelle condizioni non, come in effetti è, per le conseguenze della sciatica ma perché è un “vecchio ubriacone”.
Saviano contro i terremotati
Se possibile ancora peggiore è la “bufala”, diventata in brevissimo tempo virale, sulle presunte dichiarazioni fatte da Saviano nel corso della puntata di “Che tempo che fa” del 3 giugno scorso. “Sinceramente preferisco salvare i rifugiati e i miei fratelli clandestini che salvare qualche terremotato italiano piagnucolone e viziato” avrebbe detto Saviano.
Basterebbe un briciolo di raziocinio per capire che è impossibile, che non si può neanche chiedersi se davvero ha pronunciato una simile affermazione. Già solo il fatto che, se davvero pronunciata, una simile “idiozia” avrebbe scatenato un putiferio subito, non dopo oltre un mese. Ma gli ultras accecati dal tifo di parte, gli adepti fedeli e ligi al motto “credere, obbedire, combattere” non hanno più un proprio cervello funzionante e sono pronti ad accreditare a quello che, per un motivo o per un altro, vedono come un nemico, le peggiori nefandezze possibili. Eppure in un’epoca come questa, dove in rete in un attimo si può trovare e verificare tutto, sarebbe stato sufficiente andare sul sito del programma di Fabio Fazio ed ascoltare l’intervento di 18 minuti di Saviano in quell’occasione.
Ovviamente la frase che gli viene attribuita non l’ha mai pronunciata. Non solo, in quei 18 minuti si è parlato di tutt’altro, dello scontro ideologico che da destra e sinistra si è ora trasformato in popolo contro elite, su come la competenza oggi nel nostro paese sia vista quasi come un difetto. Si è parlato anche di fake news (“non conta se una cosa è vera o falsa, l’importante è che funzioni” ha sostenuto Saviano), della visione distorta che abbiamo nel nostro paese dell’Europa vista come il grande alibi (“l’Italia è dopo la Polonia il secondo paesi per fondi ottenuti dall’Europa, oltre 40 miliardi. Il problema, però, è che poi appena il 2% di quei fondi siamo stati in grado di utilizzarli concretamente”).
Solo alla fine e solo marginalmente si è accennato al problema dei migranti, con un accenno alle Ong (“non è accettabile definire vice scafisti le Ong, chi salva vite non può essere insultato in questo modo”). Tutto inutile, però, per gli adepti del “credere, obbedire, combattere” Saviano, per la sua posizione critica nei confronti di Salvini e del governo per i porti chiusi, è uno dei nemici principali e, quindi, deve essere in ogni modo “demolito”.
Di conseguenza qualsiasi palese idiozia gli viene attribuita deve necessariamente essere vera, a prescindere. Siamo oltre la definizione di “boccaloni”, qui siamo quasi al lavaggio del cervello. E quanto scoperto e verificato dal cacciatore di bufale, David Puente, rende ancora più inquietante tutta la vicenda. E’ emerso, infatti, che la “bufala” su Saviano è stata postata da un account falso che in passato aveva già condiviso “fake news” a tema, sulla Boldrini, sullo stesso Saviano, sul deputato del Pd Khalid Chaouki.
“Tutti quei post – spiega Puente – sono stati condivisi sui siti pro Salvini, pro Putin e in pagine facebook di simpatizzanti del M5S. In gruppi di questo tipo postare notizie del genere agisce sull’emozione degli utenti e la reazione è immediata. E’ del tutto evidente che c’è una mano esperta dietro una simile operazione, è tutto troppo studiato e calcolato per raggiungere un risultato che è arrivato, dato quante condivisioni sono state raccolte”.
Come diceva Saviano (per davvero) da Fazio in quel 3 giugno “non conta se una cosa è vera o falsa, l’importante è che funzioni”. In questo caso ha funzionato alla perfezione, perché ha contribuito a cementare il sentimento di acredine nei confronti dell’autore di Gomorra dei “fedelissimi” del governo. Ma, più in generale, il sistema delle fake news funziona in maniera impeccabile. Perché oltre l’80% degli italiani non è in grado di riconoscerle e perché quasi la stessa percentuale ritiene che, in fondo, non siano un pericolo per la democrazia.
I prossimi mesi ci diranno se davvero sarà quella dei cittadini. Di certo, però, al momento possiamo dire che la terza è la repubblica delle “bufale”…