Il ministro della difesa Trenta e il premier Conte sottoscrivono a Bruxelles l’impegno di mantenere il contingente italiano fino al 2024. Eppure in campagna elettorale Di Maio aveva ribadito che, se fosse andato al governo, avrebbe messo fine a quella missione militare
Se c’era un tema sul quale non c’erano dubbi su come si sarebbe comportato il Movimento 5 Stelle se fosse arrivato al governo era quello delle missioni militari italiane. Negli anni passati la ferma opposizione alle missioni decise dal governo è stata totale e continua. Basterebbe ricordare i ripetuti articoli pubblicati sul blog di Grillo o gli interventi sempre molto critici e inequivocabili dei principali esponenti del Movimento.
In particolare Luigi Di Maio che, nel corso della sua lunga campagna elettorale, non ha perso occasione per ribadire la posizione assolutamente contraria del Movimento 5 Stelle sulla missione in Afaghanistan. “Siamo sempre stati chiari sull’intervento in Afghanistan, per noi quello è un intervento insostenibile per la spesa pubblica italiano. E’ già nel nostro programma ed era già nelle nostra proposte il ritiro totale del nostro contingente, non siamo pregiudizialmente contro le missioni di pace all’estero ma non possiamo continuare a restare in Afghanistan” aveva dichiarato nel novembre scorso nel corso di una visita a Washington come vicepresidente della Camera.
“Noi del Movimento 5 Stelle siamo convinti che il contingente italiano non debba più restare in Aghanistan” sosteneva nel febbraio scorso lo stesso Di Maio intervenendo, nel corso della campagna elettorale, al Link Campus University di Roma. Non potevano, quindi, esserci dubbi su quale sarebbe stata la posizione che avrebbe espresso il governo italiano, rappresentato dal presidente del Consiglio Conte e dal ministro della difesa Trenta (per altro espressione del M5S) al 29° summit della Nato in programma a Bruxelles l’11 e il 12 luglio e nel quale, appunto, in discussione c’erano proprio le missioni militari.
Invece, con un’incredibile giravolta, il ministro della difesa ha preso l’impegno di mantenere ancora e a lungo termine (almeno fino al 2024) le truppe italiane in Afghanistan. Eppure le parole di Di Maio a Roma erano state chiarissime, inequivocabili. E, per giunta, molto dure nei confronti di precedenti governi. “Sono fermamente convinto della presenza dell’Italia nella Nato come nell’Unione europea – aveva dichiarato allora il leader grillino – ma ci sono delle missioni internazionali su cui è meglio essere chiari. La missione in Afghanistan in questo momento sta esponendo i nostri soldati a rischi inutili, quindi nell’ambito delle relazioni internazionali con la Nato pensiamo che l’Italia non debba restare con il suo contingente in Afghanistan”.
Visto quanto accaduto (almeno secondo la versione di Di Maio) con il decreto dignità verrebbe da pensare che il leader del M5S fosse completamente all’oscuro di questa incredibile e improvvisa “giravolta” del suo governo. Che, senza batter ciglio, ha sottoscritto l’intesa di Bruxelles che prevede, appunto, l’impegno a mantenere il contingente italiano fino al 2024. In realtà il silenzio (immaginiamo imbarazzatissimo) di Di Maio lascia pensare che il leader grillino e vicepresidente del Consiglio fosse pienamente consapevole della posizione del ministro della difesa e del governo, esattamente opposta a tutte le sue precedenti dichiarazioni.
Non solo, sempre in quell’intervento di febbraio a Roma Di Maio aveva duramente criticato i precedenti governi accusandoli di ipocrisia e ambiguità “perché ogni tanto tolgono qualche parte del contingente però continuano a restare in Afghanistan”. “E’ un’ipocrisia che come paese non possiamo più permetterci” tuonava allora Di Maio. E, invece, il suo governo sembra intenzionato a riproporre proprio questo genere di ipocrisia e di ambiguità così duramente contestata.
Infatti il ministro della difesa Elisabetta Trenta a Bruxelles ha fatto presente che l’Italia ha intenzione di proseguire con la linea tenuta dal precedente governo (quella tanto criticata da Di Maio…), assicurando comunque la propria presenza in Afghanistan ma puntando ad un piccolo ridimensionamento dello sforzo militare italiano (si parla di portare l’entità delle truppe italiano da 900 a 750 circa) in favore di altri teatri operativi più vicini all’interesse strategico nazionale come il Libano, la Libia e il Niger.
In altre parole anche quello giallo-verde prosegue nel segno dell’ipocrisia e dell’ambiguità, almeno sulla base del giudizio espresso del leader grillino. Rispetto ai precedenti governi, però, l’attuale esecutivo ha una non indifferente aggravante. A fine 2017 un documento dell’Onu ha evidenziato come in Agfhanistan negli ultimi anni c’è stata una produzione di oppio senza precedenti. E le stesse Nazioni Unite evidenziano come tale produzione record di oppio ha portato ad una rapida espansione dell’economia illegale.
Attualmente in Afghanistan ci sono oltre 200 mila ettari di piantagioni di papavero, con il boom produttivo della droga che, guarda il caso, è avvenuto proprio nelle zone controllate dal governo afghano sostenuto dalle missioni di pace. In una dettagliata inchiesta giornalistica pubblicata a fine 2017 sul “Fatto Quotidiano” Enrico Piovesana evidenziava come “per mantenere il controllo, gli americani si sono alleati con potenti criminali e signori della guerra locale, chiudendo un occhio su tutta l’industria della droga afghana risorta dopo il 2001”.
Il crescendo della produzione di papavero da oppio ha avuto (almeno per il momento) il suo apice proprio nel 2017, con un aumento quasi del 70%. “Per non perdere la guerra gli americani chiudono un occhio sulla produzione della droga” sostiene Piovesana, accusa velatamente rilanciata anche dallo stesso documento Onu. Un vero e proprio scandalo che renderebbe più che giustificato un passo indietro dell’Italia, proprio come avevano annunciato Di Maio e il M5S. Almeno quando non erano ancora arrivati al governo…