La vicenda del nuovo stadio della Roma ricorda “la madre di tutte le tangenti” (Enimont) e vede coinvolti politici e figure dei principali partiti: dall’imprenditore che finanzia la Lega al super consulente e al capogruppo del M5S, fino ad esponenti di spicco di Pd e Forza Italia
A chi segue le vicende politiche italiane dai tempi della fine della prima repubblica, la bufera sulla costruzione del nuovo stadio della Roma non può non avere in qualche modo ricordato la vicenda Enimont, quella che ai tempi di “Mani pulite” fu definita “la madre di tutte le tangenti” e che a vario titolo coinvolgeva tutti i principali partiti di allora. “Tutto cambia perchè nulla cambi”.
A 60 anni di distanza la famosa citazione del “Gattopardo” continua ad essere una verità inossidabile del nostro paese. Si succedono le repubbliche (secondo i proclami del post elezioni del 4 marzo da qualche tempo dovremmo essere entrati nella terza repubblica), cambiano i partiti e gli esponenti politici di riferimento, ma la musica non sembra cambiare, un certo tipo di malcostume sembra tramandarsi di generazione in generazione e puntualmente si ripropone con scoraggiante periodicità. Con l’aggravante, non di poco conto, che ormai sembra che abbiamo fatto il callo a questo malcostume che in fondo un po’ ci disturba ma non ci provoca più di tanto sdegno o particolari moti di ribellione o protesta.
“Una rete di corruzione sistemica”
Eppure lo scandalo della costruzione del nuovo stadio della Roma dovrebbe essere di quelli che dovrebbero provocare un vero e proprio terremoto. Tutti insieme, appassionatamente, praticamente non manca nessuno. Ci sono i rappresentanti dei vecchi e dei nuovi potenti, a vario titolo sono coinvolti tutti partiti, dal Pd a Forza Italia, dal Movimento 5 Stelle alla Lega. Naturalmente è opportuno premettere, a maggior ragione per chi come noi è da sempre un garantista convinto, che nessuna delle persone coinvolte deve al momento essere considerata colpevole, che si è innocenti “fino a prova contraria” e, almeno per quanto ci riguarda, solo dopo il terzo grado di giustizia si possono tirare le somme in maniera definitiva.
Ciò non toglie che a leggere le 288 pagine con le quali il Tribunale di Roma applica le misure cautelari a 9 persone (altri 7 sono indagati) c’è da restare senza parole, il quadro complessivo che emerge è desolante. Se volessimo semplificare, magari usando il linguaggio colorito tipico di chi in questi anni si è sempre lamentato (spesso a ragione) della poca serietà della nostra classe politica, potremmo tranquillamente ricorrere al tradizionale “è tutto un magna magna” che non risparmia nessuno. Quel che certo, però, è che, se l’impianto accusatorio che emerge da quelle sconcertanti 288 pagine dovesse essere confermato, saremmo di fronte ad uno degli scandali più sconcertanti ed emblematici degli ultimi decenni (eppure il nostro paese di scandali eclatanti ne ha vissuti certamente non pochi…).
Perché in questo caso le accuse di corruzione (ovviamente tutte da confermare) riguardano e coinvolgono esponenti e personaggi comunque molto vicini e molto importanti di tutti i principali partiti. Sarebbe sufficiente leggere le prime righe del dispositivo del Tribunale, anche solamente le osservazioni preliminari, per rendersi conto di quanto profonda e consolidata sia quella che, il dispositivo stesso, definisce “la rete di corruzione sistematica e pulviscolare”.
“La corruzione, l’illecito finanziamento dei partiti, l’illecita intermediazione rappresentano l’epilogo di condotte di avvicinamento della parte pubblica ritenute strumenti indispensabili per la realizzazione degli interessi del gruppo imprenditoriale nel quale tutti operano” si legge nelle osservazioni iniziali del provvedimento.
Nel quale, poi, si evidenzia “l’ordinario e non certo eccezionale ricorso a tali illecite condotte” e come “l’elaborazione dei progetti imprenditoriali e la valutazione della loro concreta fattibilità vengono effettuate proprio alla luce dei contatti, degli interventi e delle relazioni già prefigurati con i soggetti pubblici di riferimento e mai, invece, in relazione a quello che sarebbe l’iter normativamente previsto”.
Soldi, incarichi e assunzioni per parenti per far avanzare l’iter
Partendo dai fatti, lo scandalo che rischia di travolgere la già traballante giunta Raggi (e di provocare conseguenze importanti anche a livello nazionale) è deflagrato la mattina di mercoledì 13 giugno quando sono state eseguite le 9 ordinanze di custodia cautelari. In carcere sono finiti il costruttore Luca Parnasi, figura di spicco recentemente già al centro di alcune vicende controverse che riguardano la Lega, e 5 suoi stretti collaboratori.
Agli arresti domiciliari sono invece finiti il presidente dell’Acea (multiservizi del Comune di Roma) e consulente del Movimento 5 Stelle sullo stadio Luca Lanzalone, il vicepresidente del Consiglio regionale Adriano Palozzi (Forza Italia) e l’ex assessore regionale Michele Civita (Pd). Tra gli indagati ci sono anche il capogruppo del Movimento 5 Stelle in Campidoglio, Paolo Ferrarra, e quello di Forza Italia Davide Bordoni. L’inchiesta della Procura, denominata “Rinascimento” e inizialmente avviata per verificare gli affari del costruttore Scarpellini, avrebbe fatto emergere un sistema corruttivo messo in campo dal costruttore romano Parnasi per facilitare l’avanzata del dossier stadio della Roma a Tor di Valle.
Corruzione è l’ipotesi di reato formulata dal pm aggiunto Paolo Ielo e dal sostituto Barbara Zuin (le indagini sono state condotte dai Carabinieri guidati dal colonnello D’Aloia) che hanno contestato ai 16 indagati anche l’associazione per delinquere. Secondo l’ipotesi accusatoria il costruttore e i suoi collaboratori avrebbe promesso denaro, facilitazioni e assunzioni per parenti ai vari politici coinvolti per chiedere un intervento per accelerare l’iter del progetto di costruzione dello stadio (la Roma è completamente estranea alla vicenda).
In particolare in cambio di questo richiesto intervento il presidente dell’Acea Lanzalone avrebbe ottenuto incarichi per il suo studio legale per circa 100 mila euro, l’ex assessore Civita avrebbe avuto garantita l’assunzione del figlio, al vice presidente del Consiglio regionale Palozzi sarebbero state pagate fatture per prestazioni inesistenti per circa 25 mila euro, mentre il capogruppo del M5S Ferrara avrebbe ottenuto aiuto su un progetto di restyling sul lungomare di Ostia (non si hanno, invece riferimenti, in merito al capogruppo di Forza Italia Bordoni).
Salvini in difesa di parnasi
“Le indagini – si legge ancora nel dispositivo – hanno consentito di cogliere un flusso costante di relazioni tra esponenti del gruppo e agenti pubblici che, in un crescendo rossiniano, muove da condotte inopportune, passa per condotte illegittime, nelle quali il principio di imparzialità dell’azione amministrativa viene ridotto a brandelli, attraversa territori contrassegnati da relazioni precorruttive, sfocia in gravi fatti corruttivi. Un modello di corruzione sistemica, caratterizzata da un’opzione criminale insensibile ai mutamenti politici e istituzionali”.
Dalla lettura delle 288 pagine del dispositivo emerge con tutta evidenza come le figure chiave siano l’imprenditore Luca Parnasi e il presidente dell’Acea Luca Lanzalone, braccio destro di Virginia Raggi e uomo di fiducia del Movimento 5 Stelle (fortemente voluto da Casaleggio, Grillo e Di Maio). Non è un caso e in qualche modo dovrebbe far riflettere che, poche ore dopo il suo arresto, in difesa di Parnasi è arrivato Matteo Salvini .
“Lo conosco personalmente, è una persona per bene” ha dichiarato il leader della Lega. Il nome di Parnasi è stato fatto anche nella vicenda che in queste ore sta scuotendo il Carroccio, quella relativa al presunto riciclaggio di soldi in Lussemburgo (il presunto riciclaggio dei rimborsi fuorilegge che la Lega ha incassato dal Parlamento fino al 2013) che proprio ieri (mercoledì 13 giugno) ha visto il blitz della finanza alla Sparkasse (la Cassa di risparmio) di Bolzano.
Nel dispositivo del tribunale di Roma si parla con assoluta chiarezza anche della vicenda della Pentagina, la società che Parnasi ha utilizzato per finanziare la Lega, versando tra il 2015 e il 2016 250 mila euro come contributo volontario ad una onlus che i commercialisti di Salvini hanno creato come cassaforte per ricevere i contributi delle aziende.
Il leader della Lega, nel tentativo di difendere Parnasi, ha anche tirato in ballo il solito paravento della burocrazia che, a suo dire, alla fine spingerebbe anche i più onesti a comportamenti al limite. Non sono per nulla d’accordo con lui i pm che svolgono l’indagine che, invece, descrivono Parnasi in questo modo: “ha fatto del metodo corruttivo verso esponenti istituzionali, appartenenti alla politica e alla burocrazia un significativo asset d’impresa”.
Lanzalone, il “mister Wolf” del Movimento 5 Stelle
Per quanto concerne Lanzalone il presidente dell’Acea è un “nome forte” del Movimento 5 Stelle, viene considerato molto legato a Casaleggio e fortemente sostenuto da Beppe Grillo. Che l’ha voluto prima a Livorno, a fianco del sindaco Nogarin, poi l’ha mandato a Roma nel momento più delicato della giunta Raggi, nel pieno del caso Marra. Presto è diventato il vero e proprio braccio destro della sindaca che più volte si è personalmente esposta per difenderlo dalle critiche e dagli attacchi dell’opposizione (soprattutto nella vicenda dello stadio).
Nel post elezioni del 4 marzo più volte è stato visto insieme a Di Maio, che, secondo quanto dichiarato da Roberta Lombardi, insieme a Fraccaro e Bonafede ha spinto per mandarlo a Roma dalla Raggi. Emblematica la definizione che di lui dà lo stesso Parnasi, “mister Wolf”, il cinico e misterioso personaggio di “Pulp Fiction” che risolve tutti i problemi.
In realtà già da tempo qualcuno all’interno del M5S aveva avanzato più di un sospetto sulla vicenda stadio e sulle figure che si muovevano intorno ad esso. E’ il caso di Cristina Grancio, consigliere comunale del M5S ed espulsa un anno e mezzo fa proprio per le critiche sulla vicenda dello stadio. “Ho invitato più volte la sindaca Raggi e la maggioranza M5S a tenere gli occhi aperti sulla questione stadio – afferma – per tutta risposta sono stata espulsa dal Movimento”.
Come detto il quadro complessivo è già abbastanza inquietante, anche se poi bisognerà attendere gli sviluppi successivi dell’inchiesta. L’impressione è che siamo solo agli inizi, che lo scandalo si possa addirittura allargare. Lo scrivono gli stessi pm nel foglio 11 del dispositivo.
“In ragione del confondersi, allo stato attuale delle indagini, di finanziamento della politica lecito e illecito, la scelta che è stata operata in sede cautelare è stata quella di contestare solo i fatti sulla cui illiceità non vi sono ragionevoli dubbi, lasciando al resto dell’attività investigativa la finalità di distinguere adeguatamente”. In altre parole c’è da attendersi ulteriori sviluppo clamorosi…