Mentre il sindaco continua a lanciare accuse a Regione e Governo, il Comune non eccelle certo per efficienza nella gestione del post terremoto tra i ritardi nell’erogazione del Cas, sopralluoghi e ordinanze di evacuazione ancora da completare e la “figuraccia” per il bando Erap
Da un anno e mezzo, dalla notte del 24 agosto 2016, non passa settimana senza che il sindaco Castelli non attacchi (non senza ragione) la Regione e il Governo per la gestione del post terremoto e per i tanti disagi e problemi che ritardi e inadeguatezze stanno creando alle popolazioni colpite dal sisma. Solo pochi giorni fa, ad esempio, a commento di uno dei tanti articoli sul terremoto pubblicati sui social, il primo cittadino sentenziava: “la gestione del terremoto nelle Marche è un disastro”.
Mai come in questo caso, però, bisognerebbe ricordare a lui e alla sua amministrazione comunale il famoso detto “chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Perché se è indiscutibile che le istituzioni principali (Governo e Regione) non hanno dato prova di grande efficienza (per usare un eufemismo), è altrettanto innegabile che non si può certo dire che il Comune di Ascoli abbia fatto molto meglio. Anzi, in questo post terremoto e nelle tante vicende che lo hanno contraddistinto l’amministrazione comunale ha messo in mostra una sconcertante e imbarazzante inadeguatezza, rendendosi protagonista di errori e “orrori” che hanno contribuito ad aumentare difficoltà e disagi.
Dopo 19 mesi ancora non terminati i sopralluoghi per l’agibilità…
Per evidenziare in maniera inequivocabile lo stato confusionale in cui da quasi 20 mesi versa il Comune di Ascoli, basterebbe pensare alla imbarazzante e ingiustificabile lentezza con cui ha portato avanti (si fa per dire…) le verifiche e i controlli negli edifici privati, ancora non completamente terminate. Significativo ed oltremodo sconcertante, ad esempio, che nei primi 15 giorni di aprile siano state ben 45 le ordinanze sindacali emesse per l’evacuazione di immobili danneggiati a seguito delle scosse del 24 agosto 2016 e di fine ottobre 2016.
Se non fosse una vicenda terribilmente seria si potrebbe pensare ad una barzelletta, è a dir poco paradossale (per essere magnanimi…) che dopo 19 mesi dalla prima violenta scossa e 17 dalla seconda, dopo che per tutto questo tempo sono state lasciate in appartamenti che oggi sappiamo essere a rischio, quelle famiglie vengano fatte evacuare proprio ora che (fatti i debiti scongiuri) la fase peggiore sembra essere alle spalle. Naturalmente, per non essere fraintesi, è comunque giusto fare evacuare le famiglie se permangono situazioni di pericoli.
Resta la gravità del ritardo con cui si è mossa l’amministrazione comunale che, in tal modo, in tutti questi mesi ha esposto quelle persone ad un grave rischio. Ma, al di là dei sopralluoghi e delle ordinanze “alla moviola”, proprio in questi giorni sono venute alla luce nuove sconcertanti vicende che, se possibile, evidenziano in maniera ancora più clamorosa la confusione e la disorganizzazione dell’amministrazione comunale per quanto riguarda la difficile gestione del post terremoto.
Tre mesi per erogare il Cas a 700 famiglie ascolane
Parliamo, in particolare, del ritardo nel pagamento dei contributi di autonoma sistemazione (Cas), che secondo una nota diffusa nei giorni scorsi dal Pd, è avvenuto addirittura con 3 mesi di ritardo. Ma anche della sconfortante vicenda della mancata partecipazione del Comune di Ascoli al bando dell’Erap per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
“E’ inaccettabile che il Comune di Ascoli sia sempre la pecora nera nel pagamento dei Cas ai terremotati – si legge in una nota firmata da Angelo Procaccini e Francesco Ameli – un ritardo che non può passare inosservato in quanto sono coinvolte più di 700 famiglie aventi diritto al contributo. Ad Ascoli, a differenza di quanto avviene negli altri comuni, si viaggia con un ritardo di 3 mesi. Come mai? Se questi soldi sono a disposizione del Comune perché non vengono erogati invece di costringere i cittadini ad anticipare le spese di affitto di tasca propria?”.
Quello dei Cas erogati dal Comune in ritardo in realtà è un problema che più volte era stato evidenziato già nei mesi scorsi. Ma ora è tornato fortemente a galla visto che a metà aprile ancora non erano stati totalmente saldati dal Comune i Cas di gennaio. Per la verità nelle ore scorse è arrivata anche la risposta del Comune alla nota dei due esponenti del Pd. Che, però, definire paradossale, ai limiti del surreale, è addirittura riduttivo.
Emblematico, tra l’altro, che a rispondere ad una nota che chiama direttamente in causa il sindaco e la sua giunta non sia il primo cittadino stesso ma il dirigente comunale. Che, in sintesi, nega che ci sia un problema nell’erogazione dei Cas ma, al tempo stesso, ammette il gravo ritardo di gennaio 2018. Sappiamo che è un’evidente contraddizione, ma questo è quello che sostiene il dirigente comunale.
“L’amministrazione comunale – si legge nella nota – non ha mai registrato particolari ritardi nella corresponsione del Cas (nonostante verifichi oltre 750 casi mensili), salvo quanto accaduto nell’erogazione del mese di gennaio 2018”. Dopo aver spiegato come solitamente si svolge il procedimento per l’erogazione (sul quale è meglio stendere un velo pietoso, bisogna avere una fantasia sconfinata per ideare un sistema così complesso e che fa perdere tutti quei giorni), il dirigente comunale spiega poi le ragioni dei tre mesi di ritardo per il Cas di gennaio.
“L’ufficio comunale preposto – si legge nella nota – ha ritardato l’attività di controllo della situazione dei beneficiari di circa 3 settimane. Come già più volte evidenziato il ritardo dell’ufficio è stato causato dall’impegno profuso dagli stessi dipendenti per completare i controlli su tutte le domande cas al fine di evitare pagamenti indebiti o dubbi relativi a situazioni limite che sono attualmente oggetto di approfondimento circa la veridicità dell’autocertificazione resa. La trasmissione alla Regione è avvenuta l’8 marzo e il decreto di ripartizione dei fondi da parte della Regione Marche è del 27/03/18 con valuta 3/4/18. Il secondo motivo del ritardo è dovuto al Tesoriere (banca Unicredit), in quanto seppure sollecitato dal servizio ragioneria, ha effettuato i pagamenti ai beneficiari a scaglioni arrivando a completare i pagamenti al 17 aprile”.
Il Comune non risponde in tempo al bando, niente “case popolari” per i terremotati ascolani
Nessuna spiegazione da sindaco, assessori e dirigenti comunali, ma solo un imbarazzato silenzio, è invece arrivata sulla clamorosa mancata partecipazione al bando dell’Erap regionale. “Il Comune predica bene ma razzola malissimo – attaccano in proposito Procaccini e Ameli – e per quanto riguarda il terremoto continua a rimanere indietro rispetto a tutti i comuni del cratere. Basti ricordare che Ascoli non è presente, pur avendone il diritto, fra i comuni che potranno beneficiare delle case popolari per far fronte all’emergenza abitativa post sisma, creando così evidenti disagi alle famiglie ascolane”.
In pratica i cittadini di 45 comuni marchigiani del cratere potranno beneficiare della case popolari per fronteggiare l’emergenza abitativa post sisma. Ma tra loro non ci sono i cittadini ascolani, esclusi da questa importante opportunità prevista con il decreto legge n. 45 del 7 aprile 2017 per colpa del Comune. Che non è riuscito a fornire nei tempi previsti all’Erap regionale, che ora metterà a disposizione di quei 45 comuni ben 353 alloggi di edilizia residenziale pubblica, gli elenchi delle famiglie ascolane bisognose. Anzi, per l’esattezza quegli elenchi il Comune di Ascoli non li ha neppure fatti.
Nei giorni scorsi dall’Erap regionale sono filtrati segnali incoraggianti, c’è la possibilità che vengano riaperti i termini e che, quindi, l’ente regionale metta una “pezza” per non far pagare alle famiglie ascolane le conseguenze dell’incapacità dell’amministrazione comunale. Che forse, soprattutto per quanto riguarda il sindaco, dovrebbe iniziare a guardare tutto ciò che non va in casa propria, invece di guardare e criticare solo in casa d’altri.