Con delibera n. 7/2018 la Corte dei Conti ha definitivamente bocciato il ricorso dell’amministrazione comunale che chiedeva l’annullamento della deliberazione che aveva sancito la grave irregolarità contabile del bilancio 2012. In arrivo una pesante sanzione per il Comune
Quello che si temeva puntualmente si è verificato. E’ arrivato proprio in questi giorni la delibera n. 7/2018 della Corte dei Conti delle Marche che infligge una pesante “mazzata” alle già “debilitate” casse comunali. Come era ampiamente prevedibile, quella delibera ha definitivamente bocciato, dichiarandolo inammissibile, il ricorso del Comune di Ascoli che chiedeva l’annullamento o la riforma della deliberazione della sezione di controllo della Corte dei Conti delle Marche del gennaio scorso.
Che, in pratica, aveva sancito la grave irregolarità contabile del bilancio 2012, senza la quale l’amministrazione comunale non avrebbe ottenuto il rispetto del patto di stabilità. Irregolarità che determina una pesante conseguenza per il Comune di Ascoli, sotto forma di una consistente sanzione (che dovrebbe ammontare a poco meno di un milione di euro) e del blocco dell’assunzione di nuovi mutui.
“Alla fine paga la città – commenta amaramente il consigliere comunale Giancarlo Luciani Castiglia che sin dall’inizio ha seguito questa vicenda- con la delibera 7/2018 la Corte dei Conti ha posto la pietra tombale sulla cattiva amministrazione Castelli nella vendita della discarica di Relluce appostata nel bilancio del nostro Comune nel 2012. Secondo la Corte dei Conti, come già da me evidenziato in molteplici e consecutivi interventi nel tempo, i proventi della vendita della discarica furono appostati con grave irregolarità contabile in quel bilancio, ottenendo il rispetto del patto di stabilità nel 2012 che altrimenti non ci sarebbe stato. Parliamo di una cifra che supera il milione di euro”.
In pratica all’amministrazione comunale viene contestato il fatto che la quota ricavata dalla vendita dei beni della discarica all’Ascoli Servizi Comunali (effettuata nel dicembre 2009) è stata inserita, “con grave irregolarità”, nella voce delle entrate correnti invece che nella voce delle entrate in conto capitale come avrebbe dovuto fare. Senza quello spostamento e senza quella quota di 1,55 milioni di euro, l’amministrazione comunale non avrebbe rispettato il patto di stabilità, con tutte le conseguenze che ciò avrebbe determinato.
Cioè, in base all’art. 31 comma 26 della legge 12 novembre 2011 n. 183, una serie di sanzioni (a partire dall’anno successivo a quello nel quale si è verificato l’inadempimento) come la riduzione del fondo di solidarietà, l’impossibilità di contrarre mutui per investimenti, il divieto di assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale ma anche la riduzione del 30% delle indennità di funzione (in pratica gli stipendi di sindaco e assessori) e dei gettoni di presenza. Quindi sanzioni che non solo avrebbero posto pesanti vincoli alla successiva attività amministrativa ma che, al tempo stesso, avrebbero concretamente toccato le tasche degli amministratori stessi.
La Corte dei Conti contesta l’irregolarità nel luglio 2015, con delibera n, 164. Nella quale, per giunta, vengono sottolineate la scarsa attendibilità di diverse previsioni di entrata e, più in generale, le gravi sofferenze del bilancio comunale. La Corte dei Conti concede al sindaco e all’amministrazione comunale 60 giorni di tempo per sistemare la situazione e ricalcolare i saldi in modo giusto. Il primo cittadino risponde il 7 settembre, con una certa superficialità, sostenendo che avrebbe fatto il ricalcolo (che poi effettivamente è stato fatto) tenendo conto di alcuni fondi che non erano stati presi in considerazione a quel tempo, in fase di approvazione del bilancio.
“In pratica il sindaco – commenta il consigliere comunale Castiglia – ha pensato di dire alla Corte dei Conti: nessun problema, il patto è rispettato, avevo qualche fondo che per distrazione non avevo considerato, con quelli siamo a posto”. Naturalmente la Corte dei Conti non può certo accettare una simile spiegazione e, con delibera n.99 del 19 maggio 2016, boccia ufficialmente la nuova versione dei fatti e concede 60 giorni per sistemare in modo giusto il bilancio 2012. C’è il rischio di una pesante sanzione, ma il sindaco farà trascorrere ben 6 mesi prima di portare la vicenda all’attenzione del Consiglio comunale del 14 dicembre 2016.
La soluzione pensata questa volta per cercare di risolvere il problema è quella di far approvare un “Atto di ricognizione e di interpretazione del contratto” che il Comune ed Ascoli Servizi Comunali sottoscrissero, appunto, nel dicembre 2009. In pratica una scrittura privata che avrebbe lo scopo di dichiarare che le intenzioni dei due soggetti 7 anni fa sono quelle dichiarate nell’atto approvato il 14 dicembre. In realtà lo stesso primo cittadino non crede assolutamente che la Corte dei Conti possa accettare questa versione dei fatti (che, per altro, sembra essere smentita dall’atto originario di vendita). Il suo vero obiettivo è un altro e non si preoccupa neppure di nasconderlo.
“Il sindaco in Consiglio comunale – aggiunge Castiglia – ha candidamente ammesso di aver attuato una strategia di questo tipo per aprire un contenzioso con la Corte dei Conti in modo da prolungare il più possibile, in una logica costantemente dilatoria, l’applicazione di una sanzione che in questo momento non potrebbe certo essere pagata vista la situazione disastrosa delle casse comunali”. Questa volta, però, Castelli ha fatto male i conti.
Perché alla fine ottiene si uno slittamento dei tempi ma non tale da far slittare la decisione definitiva sulla vicenda oltre il termine del proprio mandato. La delibera 7/2018 della Corte dei Conti chiude definitivamente la questione, con le gravi conseguenze che ciò comporta per il Comune di Ascoli
“Castelli, preso in castagna, le ha provate tutte – conclude amaramente Castiglia – ha provato a correggere il bilancio con poste che “per errore” non erano state considerate, ha provato a produrre un atto pubblico tra le parti che correggesse addirittura l’intento sottostante alla vendita della discarica nel tentativo di dimostrare che non si fosse trattato di una vera e propria vendita. Una farsa, insomma. Ha provato a fare tutto, tranne la cosa che avrebbe dovuto fare. Chiedere scusa e trarne le conseguenze. Ora il fardello, il pagamento della sanzione ed il blocco dell’assunzione di nuovi mutui, resta in capo alla città”.