A Padova le forze dell’ordine non hanno concesso ai tifosi della Samb di far entrare all’interno dello stadio uno striscione dedicato a Luca Fanesi (“Luca la Nord ti aspetta”) perché ritenuto provocatorio. Come per le bandiere e gli striscioni con l’immagine di Aldrovandi…
E’ davvero uno strano paese il nostro. Dove, ad esempio, non può entrare in uno stadio uno striscione di incoraggiamento nei confronti di un tifoso che è in ospedale ma, poi, chissà come entrano bandiere e striscioni con simboli nazisti. Dove è ritenuto provocatorio sventolare una bandiera o esporre uno striscione in memoria di un povero e inerme 18enne ucciso da 4 poliziotti mentre è assolutamente normale e lecito che, ancora oggi (con sentenze passate in giudicato inequivocabili) ci sia qualche esponente di un sindacato di polizia che nega o stravolge la realtà processuale.
Dove chi ha “l’impudenza” di ricordare quel ragazzo ucciso senza una ragione finisce per pagare multe o addirittura rischia il daspo mentre chi continua ad infangare la sua memoria potrebbe addirittura ritrovarsi in Parlamento. E’ davvero incredibile e incomprensibile ciò che sta accadendo da alcune settimane intorno alla memoria di un povero ragazzo ma anche intorno la vicenda che ha coinvolto l’ultras rossoblu Luca Fanesi, rimasto gravemente ferito il 5 novembre scorso nel post partita di Vicenza – Samb. Sabato scorso, in occasione della partita Padova – Samb, le forze dell’ordine non hanno concesso ai tifosi rossoblu di far entrare all’interno dello stadio Euganeo uno striscione dedicato a Luca Fanesi (ed uno dedicato a “Lu Doce” storico ultras rossoblu scomparso qualche settimana fa) perché considerato provocatorio.
Nello striscione c’era scritto “Luca la Nord ti aspetta” e se davvero dovessimo prendere per reale la motivazione delle forze dell’ordine ciò che ne conseguirebbe sarebbe terribile. Perché chi mai potrebbe considerare una provocazione l’augurio al tifoso rossoblu di rimettersi al più presto al punto da poter tornare nella sua amata curva? Siccome, come diceva sempre Giulio Andreotti, “a pensar male si commette peccato ma quasi sempre si indovina”, il forte sospetto (che vorremmo tanto che qualcuno delle forze dell’ordine ci fugasse con argomentazioni serie e concrete) è che gli ultimi fatti della vicenda Fanesi non siano risultati particolarmente graditi alle forze dell’ordine.
Come si ricorderà, nelle ore immediatamente successive all’accaduto dalla Questura di Vicenza era filtrata una ricostruzione dell’accaduto che parlava di un incidente quasi fortuito, con Fanesi che sarebbe caduto e avrebbe sbattuto contro un’inferriata. Nei giorni successivi quella versione ha immediatamente iniziato a vacillare di fronte ai racconti di chi era presente, alle testimonianze anche di alcuni abitanti della zona. Poi erano arrivati anche un paio di filmati (trasmessi anche da “Le iene”) ad aumentare dubbi ed incertezze. Pochi giorni prima della partita di Padova, poi, alcuni quotidiani locali e nazionali hanno pubblicato il referto del Pronto Soccorso di quel 5 novembre nel quale si dichiarava che il trauma era stato provocato per “Violenza Altrui” “per percosse da altra-altre persone”. In tal senso i filmati degli incidenti mostrano inequivocabilmente che, dove c’era Luca, c’erano solo i poliziotti delle Celere.
Quindi se il referto del Pronto Soccorso è da considerare attendibile, la conseguenza non può che essere una sola. Purtroppo, però, quanto accaduto a Padova non stupisce perché nelle settimane scorse avevamo già raccontato l’assurda “guerra” che si è scatenata intorno al povero Aldrovandi. In questo caso non solo prima a Roma poi a Genova le forze dell’ordine non avevano concesso ai tifosi della Spal di portare dentro lo stadio la storica bandiera con l’immagine di Federico (che, per altro, sventolano in tutti gli stadi da anni).
Non solo censura, però, perché presto sono arrivati anche provvedimenti nei confronti di alcuni tifosi e di alcune tifoserie che hanno manifestato la solidarietà ai tifosi della Spal, ricordando il povero Federico. A completare un quadro desolante ci ha poi pensato al Figc (sarebbe da chiudere definitivamente, altro che commissario…) che ha addirittura multato alcune società (la Spal stessa ma anche Siena e Prato, la Samb) perché i suoi tifosi avevano esposto striscioni con il nome di Aldrovandi. Anche in questo la motivazione è la stessa, “striscione di contenuto provocatorio verso le forze dell’ordine”. Se dovessimo davvero pensare che il semplice nome di Federico è considerato dalle forze dell’ordine una provocazione le considerazioni che ne scaturirebbero sarebbero sconcertanti.
Possiamo comprendere che il ricordo di un omicidio di un povero ragazzo da parte di 4 poliziotti provochi fastidio tra le forze dell’ordine. Nessuno vuole generalizzare, il comportamento di 4 poliziotti non può e non deve riverberarsi su tutte le forze dell’ordine. Certo, però, se poi si mettono in campo queste assurde forme di repressione, se addirittura si arriva al punto di non far entrare uno striscione che augura ad un tifoso in ospedale da mesi di rimettersi al più presto allora è chiaro che c’è qualcosa che non funziona. Di inaccettabile e scandaloso, a nostro avviso, c’è che chi in questi anni ha in ogni modo infangato la memoria di quel povero ragazzo, cercando di giustificare l’ingiustificabile, ora addirittura potrebbe essere premiato con un seggio in Parlamento.
Parliamo del segretario nazionale del Sap (uno dei sindacati di polizia), Gianni Tonelli, candidato alle prossime elezioni nelle fila della Lega. Le sue frasi sul povero Federico, il suo negare l’evidenza certificata dai tribunali (ancora più grave per un rappresentante delle istituzioni), il suo comportamento nei confronti dei poveri genitori di Federico sono da considerare una provocazione. Non certo un messaggio di auguri ad un tifoso ferito o l’immagine di un inerme 18enne che ha perso la vita per la follia e gli eccessi di 4 poliziotti.