Imbarazzante sentenza del tribunale amministrativo regionale che smentisce il suo precedente pronunciamento e boccia il ricorso dello studente sorpreso a copiare dal telefonino nel corso della prova di matematica della maturità. Che ora dovrà ripetere l’esame a giugno
Il sempre più imbarazzante teatrino della giustizia italiana ci ha regalato l’ennesima sconcertante “chicca”. Ricordate la vicenda dello studente del Liceo Scientifico “Orsini” sorpreso a copiare nel corso della prova di matematica in occasione dell’esame di Stato? La commissione esaminatrice lo aveva escluso dall’esame, costringendolo quindi a ripetere l’anno e l’esame.
A settembre, però, il Tar delle Marche aveva accolto il ricorso dei legali della famiglia del ragazzo, non ritenendo legittima l’esclusione e disponendo che lo stesso terminasse il suo esame, sostenendo la terza prova scritta e gli orali. Il 22 settembre, quindi, lo studente aveva affrontato le due prove e alla fine, nonostante la prova scritta di matematica fosse stata considerata nulla, aveva ottenuto la votazione di 60 su 100, superando quindi l’esame di maturità. Il 6 dicembre successivo, poi, il Tar ha discusso nel merito il ricorso e lunedì 22 gennaio ha pubblicato la sorprendente sentenza che ribalta nuovamente la situazione.
In altre parole il Tar Marche smentisce se stesso e ha deciso di respingere il ricorso, ritenendo quindi legittima l’esclusione dall’esame di stato del ragazzo. Che, di conseguenza, dovrà rifare l’esame di maturità.
“In sede cautelare – si legge nella sentenza n. 58/2018 del Tribunale amministrativo delle Marche – questo Tribunale rilevava che il ricorso e i motivi aggiunti apparivano fondati solo con riguardo alla dedotta violazione dell’art. 95 del R.D. n. 653/1925 (nella parte in cui la norma prevede l’annullamento della singola prova e non l’esclusione dall’esame del candidato sorpreso ad utilizzare dispositivi tecnologici durante lo svolgimento delle prove). Di conseguenza l’amministrazione provvedeva, in via cautelativa, ad ammettere il ricorrente alla sessione straordinaria del 20.9.2017 per lo svolgimento della terza prova scritta e della prova orale, disponendo altresì che, per la prova di matematica (comunque da considerarsi annullata), avrebbe dovuto essere attribuito il voto corrispondente alla “prova non svolta/consegna in bianco”.
In pratica il Tar a settembre aveva deciso di accogliere il ricorso, annullando l’esclusione dall’esame, ravvisando una violazione delle norme dettate dal decreto regio che regolamenta lo svolgimento dell’esame di stato. Tre mesi dopo, però, d’incanto i giudici del tribunale amministrativo regionale si sono resi conto che in realtà non si doveva fare riferimento a quel decreto. “Alla più approfondita valutazione di merito – si legge ancora nella sentenza – l’odierno Collegio ritiene che il ricorso debba essere respinto come già affermato, su casi analoghi, dalla più recente giurisprudenza amministrativa”
“Il Collegio – aggiungono i giudici amministrativi – osserva che i fatti comunque non contestati sono sufficienti per integrare la violazione delle istruzioni MIUR n. 5754/2017 come sopra ricordate. Risulta infatti pacifico che, durante lo svolgimento della prova, il ricorrente stesse utilizzando un telefono cellulare in grado di consultare file, di inviare fotografie ed immagini” e di “collegarsi all’esterno degli edifici scolastici tramite connessioni wireless, comunemente diffusi nelle scuole, o alla normale rete telefonica con qualsiasi protocollo. Tanto basterebbe per ritenere integrato il comportamento che tali istruzioni invece assolutamente vietavano.
Ad abundantiam va poi osservato che l’utilizzo del cellulare risultava comunque pertinente con lo svolgimento della prova, non essendo in contestazione che, sulle relative schermate, comparissero risposte ai problemi e ai quesiti contemplati dalla traccia, ancorché parte ricorrente tenda a sminuirne la rilevanza pratica, sostenendo di aver comunque svolto la prova in maniera autonoma, senza tuttavia spiegare il perché, nonostante il ragguardevole curriculum scolastico, abbia allora ritenuto necessario avvalersi di un ausilio esterno “assolutamente” vietato, correndo poi il rischio di essere scoperto, con tutte le conseguenze che ne sarebbero derivate.
In punto di fatto va poi osservato che i divieti e le sanzioni in oggetto erano riportate nel calendario delle prove scritte firmato dal dirigente scolastico del Liceo (Nadia Latini) e datato 14.6.2017 (Circolare docenti n. 307 – Circolare studenti n. 280): ciò basta per considerare rispettato l’adempimento prescritto dal MIUR, secondo cui “I Dirigenti scolastici avranno cura di avvertire tempestivamente i candidati….”. La scuola riferisce, inoltre, di aver dato avviso orale prima dell’inizio delle prove. Questa circostanza risulta dalla relazione istruttoria, datata 4.7.2017, redatta dal presidente della commissione di esame (cfr. doc. n. 1 depositato dall’amministrazione resistente in data 18.7.2017 e non oggetto di querela di falso) e trova corrispondenza nel verbale n. 8 del 22.6.2017 dove si legge che “Vengono ritirati i telefoni cellulari dei candidati…. ” e che “Il presidente, dopo aver ricordato ai candidati le norme vigenti relative allo svolgimento delle prove scritte d’esame e che è consentito l’uso soltanto dei sussidi indicati in calce alla traccia proposta……”.
In pratica tre mesi dopo aver sostenuto una tesi (la violazione delle norme del decreto regio), i giudici si sono accorti che in realtà non bisognava fare riferimento a quel decreto ma alle norme contenute nelle circolari e istruzioni del ministero della pubblica istruzione. Cosa che, per altro, era già avvenuta in casi analoghi. Evidentemente a settembre i giudici del Tar erano distratti, chissà cosa avevano in mente mentre dovevano pronunciarsi sulla vicenda per non ricordare la “recente giurisprudenza amministrativa” e per fare confusione tra il decreto regio e le circolari ministeriali.
Imbarazzante, non si cono parole per commentare una simile superficialità, una mancanza di attenzione che non può non sollevare grossi dubbi sulla credibilità e sull’attendibilità dello stesso tribunale amministrativo. La cui distrazione ha conseguenze non di poco conto. Il ragazzo in questione, infatti, dopo aver superato l’esame di stato si è iscritto all’università, alla facoltà di Ingegneria di Ancona che ora, naturalmente, dovrà abbandonare (non ha i titoli per poterla frequentare). Dovrà affrontare nuovamente la prova di esame a giugno ma, vista la situazione, corre seriamente il rischio di non essere in grado di farlo, cosa che determinerebbe la perdita di un ulteriore anno. Certo è indiscutibile che la responsabilità principale di tutto ciò è la sua, del suo comportamento sbagliato. Ma è altrettanto innegabile che la superficialità di un organo che dovrebbe invece essere autorevole e attento lascia davvero senza parole.
“Va d’altra parte osservato – si legge infine nella sentenza – che a seguire l’interpretazione l’interpretazione sostenuta con il ricorso, la disciplina all’esame non potrebbe costituire un efficace deterrente per dissuadere lo studente dal porre in essere comportamenti sleali e riprovevoli, indubbiamente contrastanti con il sistema di valori su cui si fonda l’educazione impartita dalla scuola, il cui rispetto – valutato nel corso degli anni con il voto in condotta – è il presupposto implicito per il superamento dell’esame di maturità. Non v’è dubbio che un’interpretazione delle richiamate disposizioni che – anche in caso di dolosa e fraudolenta inosservanza dei divieti in questione – consentisse di compensare la prova annullata (ovvero di “riuscire a farla franca”) finirebbe per alimentare, nei giovani studenti, l’illusione dell’impunibilità, il che non può certo considerarsi il risultato di una buona educazione scolastica”.
Principio assolutamente condivisibile e da sottoscrivere che, però, era stato messo in dubbio proprio dalla superficialità dei giudici amministrativi regionali