Censura e repressione per esorcizzare il “fantasma” di Aldrovandi


Nel silenzio dei media nazionali da Parma a Siena, da Torino a Prato si moltiplicano sanzioni, daspo e minacce nei confronti dei tifosi che espongono immagini e striscioni in ricordo di Federico Aldrovandi, il 18enne ferrarese ucciso 15 anni fa da quattro poliziotti

Censura e repressione. E’ questo l’indegno mix che da alcune settimane sta utilizzando, nel vergognoso e complice silenzio dei media nazionali, una parte delle forze dell’ordine per esorcizzare il fastidiosissimo “fantasma” di Federico Aldrovandi, il giovane 18enne ferrarese ucciso 12 anni fa a Ferrara (la mattina del 25 settembre 2005) da quattro poliziotti.

Un “fantasma” che evidentemente continua a terrorizzare alcuni degli uomini in divisa per il simbolo che quel ragazzo e la sua tragica storia sono diventati in questi anni, anche e soprattutto a causa del comportamento omertoso di chi ha cercato in ogni modo di coprire e salvare i responsabili di quell’assurdo omicidio. A riaccendere una miccia che si sperava potesse essere definitivamente spenta ci hanno pensato ancora loro, alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine che venerdì 1 dicembre hanno impedito ai tifosi ferraresi, giunti all’Olimpico per assistere alla partita Roma – Spal, di introdurre all’interno dello stadio la bandiera biancoazzurra raffigurante il volto di Federico Adrovandi.

Un vessillo che, è bene ricordare, da anni è diventato il simbolo della curva spallina e che i tifosi biancoazzurri portano ovunque in trasferta, senza trovare mai alcun ostacolo. Almeno fino a quel venerdì 1 dicembre quando un funzionario di polizia inaspettatamente ha impedito di introdurre quella bandiera, con la laconica e sconcertante spiegazione “non sono previste commemorazioni”. Va detto che per giunta la reazione dei tifosi ferraresi era stata molto composta ma già in serata alcuni siti e alcune radio della capitale avevano rilanciato la notizia che in poche ore ha fatto il giro del web, nonostante tv e giornali nazionali si sono ben guardati dal raccontare l’accaduto.

Inevitabile e spontanea la reazione di diverse tifoserie già nello stesso fine settimana, anche perché in quel periodo era al centro dell’attenzione la vicenda dell’ultras della Samb Luca Fanesi (da settimane ricoverato in gravi condizioni dopo i fatti di Vicenza – Samb), secondo la lacunosa versione ufficiale della questura accidentalmente rimasto ferito sbattendo la testa contro una recinzione cadendo, secondo le testimonianze di alcuni tifosi rossoblu, invece, picchiato da alcuni poliziotti.

E proprio la società rossoblu è stata incredibilmente multata di 1500 euro perché i propri tifosi a Bergamo, nel corso della partita contro l’Albinoleffe, hanno esposto lo striscione con scritto “Aldrovandi vive”. Intanto la settimana successiva i fatti di Roma l’Acad, l’associazione contro gli abusi in divisa, ha lanciato l’iniziativa “#FedericoOvunque”, invitando ad esporre immagini e striscioni dedicati a Federico e la risposta di tantissime tifoserie non si è fatta attendere. Cartelli e striscioni del genere sono apparsi in moltissime curve. Cosa che ha provocato un’incomprensibile e dura reazione da parte delle stesse forze dell’ordine e di alcuni loro funzionari che hanno cercato prima di censurare questa forma di solidarietà nei confronti dei tifosi ferraresi e della famiglia Aldrovandi, poi intimorire usando la repressione, punendo alcuni di coloro che hanno risposto all’appello dell’Acad.

E’ notizia di lunedì 18 dicembre, riportata dal sito dell’Acad e da alcuni quotidiani locali, che 3 tifosi del Parma sono stati multati e sanzionati dalla Digos, al termine di accurate indagini, per aver sollevato insieme ad altri tifosi parmensi una serie di cartelloni raffiguranti il volto di Federico nell’intervallo tra il primo e il secondo tempo della partita Ternana – Parma dell’8 dicembre scorso. I tifosi scudocrociati che hanno esposto quell’immagine, in realtà, erano molti di più ma la Digos, attraverso i filmati, è riuscita a riconoscere con certezza solo quei tre. Certo è positivo il fatto che la Divisione Investigazioni della polizia non abbia nulla di serio da fare al punto da potersi permettere di perdere tempo a visionare per ore un filmato nel quale non accade nulla di grave o di scorretto.

Ironia a parte, però, cose del genere sono degne dei paesi sudamericani degli anni ’80 e ’90 o di paesi dove è instaurato uno stato di polizia, non certo di un paese civile. “La questura di Terni – segnala l’Acad – parla in maniera generica di provvedimenti senza menzionare l’oggetto vero della questione, l’iniziativa per Federico Aldrovandi a cui la tifoseria del Parma, così come tantissime altre tifoserie, ha aderito. Sono provvedimenti e gesti di una gravità enorme, di Federico ragazzo di 18 anni ucciso da 4 poliziotti, non si deve più parlare. Della risposta coordinata e di massa che hanno dato tantissime curve neanche. Questo avviene quando si ha la coscienza sporca”.

Quello accaduto a Terni, però, è solo uno dei tanti episodi del genere che si sono ripetuti in diversi campi. Secondo quanto riporta Acad (e qualche sito locale) a Siena alcuni funzionari della questura hanno strappato lo striscione con il volto di Aldrovandi che era presente sulla balaustra della curva, a Prato una decina poliziotti ha minacciato alcuni tifosi locali, obbligandoli a togliere lo striscione con la foto di Federico, pena una serie di Daspo. A Torino, in occasione di Torino-Napoli, alcuni sostenitori granata avevano preparato 400 stampe di Aldrovandi da esporre in Curva Primavera. Però a molti di loro è stato impedito, nel corso dei controlli all’ingresso della curva, di farle entrare, con la Digos che ha minacciato immediati provvedimenti e Daspo nei confronti di chiunque avesse esposto la foto.

Nonostante tutto alcune di quelle stampe sono state esposte in curva nel corso del secondo tempo e ora la Digos sta indagando per risalire all’identità di chi ha “osato” fare una cosa del genere. Il tutto, come sempre, nel totale silenzio di quasi tutta l’informazione nazionale che ha deciso di oscurare queste inaccettabili forme di censura e di repressione che si susseguono senza alcuna valida motivazione. Un silenzio colpevole e vergognoso quello dei media perché siamo di fronte ad una situazione di una gravità inaudita. Qui non sono in ballo motivi di ordine pubblico, non c’è nulla di pericoloso né tanto meno di offensivo nell’omaggiare e mantenere vivo il ricordo di uno sfortunato ragazzo.

Un ricordo che evidentemente irrita quella parte (speriamo minoritaria…) delle forze dell’ordine che si ritiene al di sopra della legge, che è convinta che chi ha la divisa può fare e permettersi di tutto, anche ammazzare un innocente e innocuo ragazzo, senza per questo dover pagare per il proprio comportamento. Senza tanti giri di parole, quanto sta accadendo un grave sopruso che andrebbe immediatamente fermato, punendo e sanzionando i colpevoli di un simile grave abuso di potere. Ancor più se poi, come è accaduto domenica scorsa, si resta a guardare e ci si guarda bene dall’intervenire in qualche modo di fronte ad episodi e comportamenti che andrebbero immediatamente sanzionati.

Domenica scorsa a Bologna una cinquantina di ultras della Juventus hanno inscenato, di fronte alla polizia che aveva scortato i pullman dei tifosi bianconeri, una sorta di marcia fascista verso lo stadio, intonando canti a braccio teso, in una sorta di corteo organizzato. Il tutto senza che nessuno intervenisse, non solo, a loro è stato tranquillamente concesso di entrare allo stadio, senza neppure che qualcuno di degnasse di identificarli.

Già, il nemico da combattere, quello si davvero pericoloso, è il ricordo ancora vivo in tante persone e in tanti tifosi di un ragazzo di 18 anni. Una vergogna che richiederebbe un immediato intervento dei vertici dello stato, primo tra tutti il ministro degli interni Minniti

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