Il servizio de “Le Iene” sui fatti di Vicenza, con video e testimonianze inedite, alimenta la convinzione che i fatti si siano svolti in maniera differente rispetto alla frettolosa ricostruzione iniziale. Ma apre anche uno squarcio sul folle mondo degli ultras
L’attenzione che i media locali hanno riservato alla vicenda e l’impegno degli ultras della Samb hanno fornito un primo importante risultato. La brutta vicenda che ha coinvolto Luca Fanesi, l’ultras della Samb ricoverato in gravi condizioni all’ospedale di Vicenza dal 5 novembre scorso, è finita al centro dell’attenzione e c’è la seria speranza che si possa fare davvero chiarezza.
Il rischio che venisse tutto archiviato come un banale ma fortuito incidente (come da ricostruzione iniziale della Questura) era fortissimo, invece ora tra testimonianze, video e foto inedite si potrebbe davvero ricostruire ciò che è realmente accaduto. La versione ufficiale, che vorrebbe che Luca Fanesi sia caduto sbattendo la testa contro un cancello, appare sempre più poco credibile di fronte innanzitutto ai referti dell’ospedale di Vicenza (le quattro fratture alla testa sembrano poco compatibili con quella ricostruzione) ma anche ascoltando alcune testimonianze di altri ultras rossoblu che erano quel giorno a Vicenza, che parlano di manganellate da parte della Celere nei confronti di Luca, senza dimenticare che lo stesso Fanesi giunto al Pronto Soccorso avrebbe raccontato di aver subito delle manganellate in testa.
Lunedì scorso, poi, sulla vicenda di Vicenza è andato in onda un servizio de “Le Iene” realizzato da Luca Pelazza che è stato a San Benedetto e a Vicenza per raccogliere testimonianze inedite. Particolarmente significative quelle di un paio di persone che abitano nel palazzo di fronte al quale si sono svolti i fatti in questione che hanno raccontato di aver visto l’ultras della Samb colpito da un paio di manganellate dalla Celere. Non solo, uno degli inquilini di quel palazzo ha realizzato dal balcone di casa un filmato che in qualche modo sembra alimentare questa tesi e, soprattutto, sembra confermare le testimonianze degli altri ultras. Nel video si vedono due tifosi della Samb che camminano vicino al furgone parcheggiato della Polizia, con le mani alzate mentre verso di loro stanno arrivando alcuni “celerini”. I due scompaiono, poi, dietro il furgone e, mentre quello che è avanti rispunta fuori poco dopo, dell’altro non c’è più traccia.
Considerando che quello, come dimostrano altre immagini riprese da altra angolazione, è il punto dove poi viene soccorso Luca Fanesi, è più che probabile che quel tifoso sia proprio lo sfortunato ultras rossoblu. Soprattutto, però, quelle immagini sembrano avvalorare alcune testimonianze, in particolare quella mostrata da Pelazza di un giovane ultras rossoblu, che ha raccontato ciò che è accaduto proprio come mostra quel video. Nel quale, tra l’altro, si vede anche in maniera nitida un paio di “celerini” colpire con un calcio prima e poi con manganellate altri due tifosi rossoblu che erano scivolati e caduti. Davvero una brutta immagine, non il modo corretto di comportarsi da parte di chi dovrebbe essere lì per assicurare l’ordine pubblico e non certo per alimentare la tensione.
Di fronte a questi documenti e testimonianze c’è ora la speranza che la Procura di Vicenza, che in seguito anche alla denuncia della famiglia Fanesi ha aperto un’indagine, faccia chiarezza. Non è una “caccia alle streghe”, non si tratta di voler gettare discredito sulle forze dell’ordine ma semplicemente la necessità di fare giustizia, di punire, se emergeranno responsabilità nell’accaduto, chi ha avuto comportamenti e reazioni sbagliate. Sarebbe importante anche e soprattutto perché la capacità di punire chi eventualmente ha sbagliato contribuirebbe a dare quella credibilità e quel rispetto alle forze dell’ordine che, purtroppo, in passato sono state messe in discussione di fronte a casi analoghi.
Sottolineato questo fondamentale aspetto e, ovviamente, detto che la cosa in assoluto più importante è che Luca Fanesi possa pian piano migliorare e riprendersi, ciò che in tutta questa vicenda ci ha maggiormente stupito è il fatto che sia passato assolutamente in secondo piano, anzi, è stato completamente dimenticato ed ignorato quello che a nostro avviso è comunque il punto centrale e fondamentale, cioè l’inaccettabile comportamento degli ultras. Ancor più dopo aver ascoltato la sconcertante testimonianza di un ultras rossoblu intervistato, sempre nel servizio mandato in onda per “Le Iene”, da Luigi Pelazza.
“Vivere ultras significa vivere lo stadio, la passione in modo estremo – ha dichiarato – cercare il più possibile il confronto e lo scontro con le altre tifoserie, mettere in conto e in preventivo di prendersi a botte”. Poi, di fronte a Pelazza che chiedeva perché non era sufficiente andare allo stadio, tifare, fare cori anche contro i tifosi avversari, ha aggiunto: “così mancherebbe qualcosa, se c’è la possibilità cerchiamo lo scontro, anzi cerchiamo di crearci la possibilità che ciò avvenga. Lo mettiamo in conto, sapendo i pro e i contro, anche a livello legale, a cui andiamo incontro”.
Senza troppi giri di parole, affermazioni folli, inaccettabili e inqualificabili. Che, quel che è peggio, purtroppo ricalcano la realtà dei fatti, fotografano al meglio quello che è avvenuto quella maledetta domenica a Vicenza e su cui, di fronte a tutto il resto, sembra che si voglia chiudere gli occhi, far finta che non sia importante. Perché alla base di tutto quel che poi è accaduto c’è proprio quella che quel tifoso rossoblu definisce “voglia di confrontarsi con le altre tifoserie”. Che, appunto, spinge un pur sparuto gruppo di ultras del Vicenza a non tornarsene tranquillamente a casa dopo la partita, per giunta vinta dalla propria squadra, ma ad andare ad aspettare il passaggio dei mezzi dei tifosi ospiti per provocarli, per tirargli contro di tutto (almeno così dicono gli ultras della Samb). E che spinge quest’ultimi, invece di tirare dritto e di proseguire il lungo viaggio per tornare a casa, a fermarsi, a scendere per cercare lo scontro, per confrontarsi con chi aveva osato sfidarli.
Di fronte a tutto quello che poi è accaduto, di fronte alla giusta volontà di sapere come sono andate le cose e di chiedere giustizia, si è dimenticato che questo è l’inaccettabile contesto che ha fatto da cornice e che in qualche modo ha provocato la drammatica vicenda di Luca Fanesi. Una cornice che, secondo quanto dichiarato da quell’ultras rossoblu, è considerata normale, si va in trasferta non solamente per tifare la propria squadra ma per anche per cercare lo scontro. E’ abominevole, ancor più lo è il fatto che si possa pensare e accettare che, in fondo, tutto ciò sia normale. Non sappiamo, anzi, non vogliamo credere che davvero questo sia il modo di pensare della maggior parte degli ultras.
Perché se così fosse bisognerebbe al più presto pensare di prendere provvedimenti drastici, vietando sempre e comunque le trasferte. Perché il calcio e la passione per la propria squadra sono una cosa, la violenza e la voglia di “confrontarsi” con i presunti rivali un’altra che non ha e non deve avere alcuna attinenza con calcio stesso.