Nell’annuale report di Legambiente sulla vivibilità e sulle performance ambientali delle città capoluogo di provincia, Ascoli perde 26 posizioni, precipitando dal 15° al 41° posto, superata anche da Ancona e Pesaro che, fino allo scorso anno, erano dietro nella graduatoria nazionale
Peggiora quasi ovunque, ad eccezione di Pesaro, la qualità della vita nelle Marche, peggiora in maniera ancora più accentuata ad Ascoli. Che, anche in questo specifico campo, diventa la “pecora nera” delle Marche. Questo, almeno, è quanto emerge dal 24° Rapporto Ecosistema Urbano di Legambiente e Ambiente Italia presentato questa mattina (lunedì 30 ottobre) a Milano, il report annuale sulla vivibilità e le performance ambientali delle città capoluogo italiane.
Ormai siamo abituati a risultati del genere, non è certo la prima volta che ci troviamo a commentare risultati di questo genere per il nostro capoluogo. Però in questo caso c’è un aggravante determinata dal fatto che appena un anno fa Ascoli, nel 23° Rapporto Ecosistema Urbano, era il secondo capoluogo delle Marche dietro a Macerata che era risultato il miglior capoluogo italiano. Il capoluogo piceno addirittura risultava tra i migliori di tutta Italia, piazzandosi al 15° posto, con Ancona al 26° e Pesaro al 40°.
Nel 2017, però, se Macerata perde il primato piazzandosi al 7° posto (Mantova, Trento e Bolzano ai primi tre posti), Ascoli addirittura perde ben 26 posizioni finendo al 41° posto, dietro anche ad Ancona che perde 6 posizioni e finisce al 32° posto e a Pesaro che invece, unico capoluogo delle Marche, guadagna ben 16 posizioni portandosi al 24° posto. L’indagine di Legambiente si basa su 16 parametri divisi nelle macroaree Aria, Acqua, Rifiuti, Energie rinnovabili, Mobilità e Ambiente urbano. Rispetto agli anni passati sono stati introdotti dei parametri nuovi e dei bonus. In particolare è stato assegnato un carico addizionale alle realtà che si sono messe in luce, anche grazie a politiche innovative, nel recupero e nella gestione delle acque, nella gestione dei rifiuti, nella nuova mobilità.
I 16 indicatori di Ecosistema Urbano (per un totale di circa 30 mila dati raccolti da Legambiente e elaborati da Ambiente Italia) consentono di valutare tanto i fattori di pressione e la qualità delle componenti ambientali, quanto la capacità di risposta e di gestione ambientale delle amministrazioni comunali. Un esempio concreto ed emblematico può venire dai rifiuti i cui indicatori sono costituiti da una parte dalla produzione di rifiuti pro capite (qualità delle componenti ambientali9 e dall’altra dalla percentuale di raccolta differenziata (la capacità di risposta delle amministrazioni comunali).
Andando ad analizzare nel dettaglio la situazione di Ascoli, emerge come il capoluogo piceno peggiora i suoi dati in quasi tutti gli indicatori e le macroaree, ad eccezione di quella relativa alla qualità dell’area. Dove, sia per quanto riguarda le pm 10 che per quanto concerne ozono e biossido di azoto rispetto allo scorso anno la situazione migliora sensibilmente. Ci sarebbe, in questo caso, da discutere sul sistema di monitoraggi dell’aria ma sorvoliamo e sforziamoci a credere che i dati corrispondano alla realtà. Come detto peggiorano, invece, praticamente tutti gli altri indicatori. Alcuni di quei dati, in particolare, sono estremamente significativi.
A partire da quelli relativi ai rifiuti che, d’altra parte, non arriva certo inatteso. Quel che, invece, stupisce è che la situazione non migliora, come si sperava visto l’avvio del nuovo sistema di raccolta rifiuti, ma addirittura peggiora rispetto all’anno passato, visto che Ascoli nella graduatoria per la raccolta differenziata perde addirittura 6 posizioni, passando dal 59° al 65° posto. Il miglioramento della percentuale di differenziata è quasi insignificante, si passa 41,3% dello scorso anno al 42,6 attuale (secondo i dati raccolti da Legambiente). Percentuali da terzo mondo, lontanissimi da quelli che si riscontrano a Macerata (73%) che è tra le eccellenze nazionali ma anche da realtà come Pesaro (57%) o Ancona (53%) che pure sono nel gruppo delle prestazioni mediocri.
Come in tutti gli altri capoluoghi della regione cresce sensibilmente anche la produzione di rifiuti pro capite che passa da 531,6 chili a 544. Macerata, che come detto rappresenta l’eccellenza, ha una produzione pro capite di 459 chili. Pesaro, invece, ha una produzione di rifiuti pro capite elevatissima, 710 kg, alla quale però l’amministrazione comunale riesce a far fronte in maniera più adeguata, visto che ottiene comunque il 57% di differenzia.
Da segnalare anche i risultati relativi alla macroarea “Acqua” che sostanzialmente sono positivi, visto che per quanto riguarda il consumo pro capite Ascoli si piazza al 28°, mentre addirittura per quanto riguarda la dispersione siamo al 6° posto (5° lo scorso anno), con una percentuale di dispersione di 13,3% (solo tre anni fa eravamo oltre il 30%). Di contro, però, c’è il dato negativo sulla depurazione (che prende in considerazione la percentuale di popolazione servita dalla rete fognaria delle acque reflue urbane) nella cui classifica il capoluogo piceno precipita dal 18° al 55° posto.
Significativo anche il dato relativo al verde urbano fruibile (mq di verde fruibile pro capite), graduatoria che vede Ascoli agli ultimissimi posti (97° posto) con 7,4 mq per ogni abitante. Davvero imbarazzante il confronto con gli altri capoluoghi marchigiani che hanno dati tre volte migliori (Pesaro 20,2 mq, Macerata 21,4 e Ancona 22,9). Ma il dato probabilmente più preoccupate è quello relativo all’incidentalità stradale (numero di morti e feriti in incidenti stradali ogni mille abitanti) che vede Ascoli scendere ulteriormente in una graduatoria già negativa (dall’82° all’86° posto), con un tasso di 7,57.
Dati positivi, invece, arrivano per quanto riguarda le aree pedonali (estensione pro capite della superficie stradale pedonalizzata) e le piste ciclabili che vedono Ascoli, in entrambe le graduatorie, al 20° posto. Meno bene, invece per quanto riguarda le energie rinnovabili dove il capoluogo piceno scende dal 51° al 55° posto.