Dal racconto “plastificato” e pieno di luoghi comuni di Concita De Gregorio in “FuoriRoma” emerge la fotografia di una città straordinariamente bella e affascinate ma ferma, immobile, che vive un presente difficile ed ha un futuro a dir poco nebuloso
Bella e impossibile. Bella perché non esistono tante città in Italia, ma forse anche nel mondo, con un simile fascino. Impossibile perché è una città ferma, che non offre possibilità e prospettive (men che meno ai più giovani), che vive un presente difficile ed ha un futuro a dir poco nebuloso. E’ questa la fotografia di Ascoli che emerge da “FuoriRoma”il programma di Raitre di Concita De Gregorio che ieri sera (lunedì 8 maggio) era completamente dedicato proprio al capoluogo piceno. C’era molto attesa in città, il programma era stato annunciato con un comunicato stampa della redazione del trasmissione e con ripetuti lanci promozionali. Attesa che, bisogna ammettere, in parte è andata delusa. Senza tanti giri di parole, è inutile negare che da una giornalista come la De Gregorio, con la sua esperienza e la sua professionalità, ci aspettava ben altro che una rappresentazione plastificata e terribilmente superficiale della realtà del capoluogo piceno.
Quello dell’ex direttrice dell’Unità è un semplice racconto, molto superficiale e senza alcun tipo di approfondimento, che mischia verità ampiamente note e conosciute con vecchi stereotipi e luoghi comuni che corrispondono solo in parte alla triste e difficile realtà che vive Ascoli. Un racconto “plastificato” che mette in evidenza personaggi che quasi si fatica a credere che siano reali ma che, piuttosto, sembrano così delineati per il copione già scritto di un film, di un romanzo. C’è un vescovo che sembra più un politico, un manager esperto che un uomo di chiesa, molto costruito e attento nelle sue dichiarazioni e che sembra realmente spontaneo solo quando si lascia sfuggire, a proposito del sindaco Castelli, un tagliente “è abbastanza abile nel gestire le sue cose”.
C’è un sindaco che con quel modo di esprimersi, con il tono di voce impostato alla De Lollis (l’improbabile attore teatrale interpretato da Francesco Paolantoni a “Mai dire gol”) e l’ambizione di far trasudare da ogni parola, da ogni affermazione la sua vasta cultura, fa venire in mente lo straordinario Toni Servillo nei panni di Jep Gambardella (dal film di Sorrentino “La grande bellezza”), giornalista dall’indiscusso fascino , insuperabile nell’arte dell’eloquio frivolo e fine stesso, che tanto più risalta nello squallore generale (esattamente come il primo cittadino risalta in un panorama politico cittadino di bassissimo livello).
Tra citazioni dotte e battute ironiche (“sono un vero sindaco di sinistra”), l’unico momento di reale spontaneità del primo cittadino sembra esserci quando la De Gregorio prospetta per lui un futuro da parlamentare, magari da ministro, il primo ministro del territorio piceno. Il viso tirato che si lascia scappare un sorriso “vero”, il tono di voce “impostato” che improvvisamente si incrina e per un attimo torna “normale” sono l’eloquente dimostrazione come in questo caso la cronista abbia colto nel segno. Anche i cosiddetti “vip”, i personaggi noti del nostro territorio finiscono per diventare figure plastificate.
C’è Neri Marcorè che, al di là della sempre dichiarata passione sportiva per i colori bianconeri, sembra conoscere poco o nulla della realtà ascolana (d’altra parte lui è nato a Porto Sant’Elpidio) e si esprime più che altro con battute e slogan un po’ stereotipati. Pomposamente autoreferenziale Saturnino, dalla cui dichiarazioni sembra quasi che tutta la vita cittadina ruoti intorno alle sue vicende personali. L’unico personaggio vero e che sembra davvero conoscere le dinamiche di questa città è il regista Giuseppe Piccioni che, d’altra parte, aveva già colpito nel segno nel suo primo film, “Il grande Blek”.
Insieme a lui gli altri due personaggi “veri”, che dimostrano di conoscere davvero la realtà passata e presente del capoluogo piceno, risultano l’ex consigliere regionale Giulio Natali e l’imprenditore Faraotti. Il primo, con la tipica spontaneità che lo contraddistingue, racconta aneddoti e storie di quell’Ascoli degli anni ’70 e dei primi anni ’80, con la contrapposizione tra destra e sinistra e gli scontri in piazza del Popolo. E con una semplice battuta descrive meglio che con qualsiasi altra affermazione cosa rappresenti per lui il sindaco. Faraotti, invece, con una semplice affermazione (“in questa città il denaro non circola, ci sono 900 milioni di euro nei forzieri delle banche”) descrive in maniera perfetta lo spirito che permea da sempre questa città.
Che nel suo racconto “plastificato” e superficiale la De Gregorio la descrive come ferma agli ’70, con un presente difficile (“dopo la pacchia della cassa del mezzogiorno sono scomparse le aziende”) e un futuro ancora più nebuloso (“cosa può fare qui un giovane a vent’anni?”). Un ottimo punto di partenza che, però, poi non vede un successivo sviluppo, un approfondimento serio e concreto per provare a sviscerare le ragioni e le profonde motivazioni che hanno determinato questo stato di cose. “La puntata di FuoriRoma ci regala un ritratto di una Ascoli stanca e fossilizzata su dinamiche di potere conservatrici. Tanti argomenti toccati ma nessuno approfondito in maniera esaustiva. Insomma, di tutto un po’” commenta il capogruppo del Pd Francesco Ameli. Si è preferito fermarsi a quello che appare, senza provare neppure a scavare. Si è fatto uso di vecchi luoghi comuni che hanno una parte di verità ma che non descrivono compiutamente la vera realtà della nostra città.
Definita “clericale, fascista, papalina, democristiana” ” e nella quale 4 poteri sono in equilibrio “sindaco, vescovo, i signori delle logge massoniche, le curve del tifo calcistico”. “Il servizio della De Gregorio – commenta la presidente del Comitato Scuole Sicure Iride Luzi – si è bloccato all’incipit, senza mai andare veramente a fondo della storia. E’ vero che Ascoli è ferma e immobile ma non a causa del vescovo, del sindaco, della curva o delle presunte logge. Ascoli è ferma e immobile perché gli ascolani sono fermi e immobili”. In altre parole “FuoriRoma” si limita a descrivere una realtà che è sotto gli occhi di tutti ma si ferma alla mera constatazione delle cose, senza provare mai ad andare oltre, a vedere cosa realmente determina questa perenne situazione di immobilità.
Si preferisce rimanere su alcuni vecchi e stantii stereotipi, come la passione e l’importanza del calcio (senza per altro provare ad analizzare perché la squadra di calcio è diventata così importante in una città che sostanzialmente non ha nulla altro di cui essere orgogliosa), i soliti riferimenti a chissà quali forze oscure (logge massoniche), rifiutandosi di vedere come in realtà i gruppi di potere che influenzano e condizionano da decenni la vita politica della città sono tutt’altro che oscuri. La De Gregorio discute amabilmente con il sindaco delle tante occasioni e opportunità di sviluppo perse nei decenni dalla nostra città, senza neppure provare a comprendere perché, su quali basi si sono lasciate sfuggire quelle possibilità.
La giornalista di Raitre evidentemente non conosce a fondo la realtà ascolana e non si è neppure preoccupata di provare a farlo, ignora che dietro a scelte che sembrano (e in effetti sono) assolutamente incomprensibili spesso si nasconde quel sentimento, quella sorta di motto “Ascoli agli ascolani” che da un lato rappresenta sicuramente l’orgoglio di una popolazione ma, al tempo stesso, mostra in maniera implacabile la sua irrimediabile chiusura, quella mentalità gretta e provinciale che tende sempre a chiudersi di fronte alle novità, di fronte a ciò che non è espressione del territorio stesso. Si rifugia dietro al luogo comune “dell’isola nera in una regione rossa” , ignorando invece la realtà di una città ferma e immobile in un contesto regionale invece assolutamente dinamico. Un immobilismo che è atavico, i cui esempi si perdono negli anni ma si ritrovano anche nella realtà attuale.
Quando già “Mani pulite” stava spazzando via il vecchio sistema politico di potere, mentre nel resto del paese Dc e Psi crollavano e si avviavano a scomparire, ad Ascoli la Dc stessa continuava imperterrita alle elezioni ad ottenere percentuali tra il 50 e il 60%, come se nulla fosse accaduto e stesse accadendo. E tuttora la situazione non è differente. Una città sempre più in crisi, travolta da problemi di ogni tipo, da 20 anni continua ad essere governata dalle stesse persone, dagli stessi partiti, dagli stessi gruppi di potere. Basta fare 30 km per vivere una realtà completamente differente. A San Benedetto in questo stesso arco di tempo si sono succedute amministrazioni di centrosinistra e di centrodestra, in un continuo tentativo di ricambio che sicuramente ha giovato alla città. Ascoli non è, come detto nel programma di Raitre, “una città rovinata dal tempo”.
Molto più semplicemente è una città “ferma nel tempo”, immobilizzata da quello “spirito paralizzante” citato nel servizio da Clio Pizzingrilli ma che non permea solo i (presunti) 4 poteri che sono in equilibrio ma, bensì, tutta la città, la maggior parte dei suoi cittadini. Nei 45 minuti di programma l’immobilismo di questa città emerge con estrema evidenza ma ci si limita a prenderne atto. “E’ stato come guardarsi allo specchio e vedersi una mummia. Vero e deprimente” “Ascoli città meravigliosa… ascolani un po’ meno”.
Tra i tanti inevitabili commenti che si possono leggere su facebook ce ne sono alcuni che fotografano al meglio, che rendono perfettamente l’idea del sentimento che ha provocato quel programma. “Nonostante tutto… la città più bella del mondo! (senza audio sarebbe stato ancor più bello biglietto da visita)” scrive Alessandro. E, in effetti, a mitigare un po’ il senso di inquietudine e di amarezza che ci trasmette il pur superficiale servizio della De Gregorio ci sono le immagini, le riprese dall’altro, i primi piani dei luoghi e dei monumenti che sottolineano la straordinaria bellezza, l’incredibile fascino di questa città, dei suoi monumenti, delle sue rue.
Impossibile non rimanere incantati, impossibile non innamorarsi di Ascoli, impossibile non condividere le parole dello scrittore e giornalista Giorgio Manganelli (riportate dal regista ascolano Giovanni Piccioni): “Ascoli è una delle città più belle d’Italia, qualcuno nei libri d’arte ha scritto: tra le più belle del mondo”. Purtroppo, però, che l’incanto e il piacere per tanta bellezza finiscono per essere l’unico motivo di vanto, l’unico raggio di sole in un contesto dai contorni a dir poco grigi