Il terremoto e l’emergenza neve hanno dato il “colpo di grazia” al centro cittadino, già messo alle corde e duramente penalizzato da anni di scelte politiche miopi e incomprensibili che hanno portato giovamento a pochi e nuociuto alla città
La scorsa settimana avevamo già lanciato l’allarme. O meglio, nell’articolo “Una città in ginocchio”, nel quale analizzavamo la situazione del capoluogo piceno determinata dalla lunga emergenza terremoto, avevamo constatato come la situazione del centro storico cittadino fosse ormai “drammatica”. Ora, a conferma che non stavamo certo esagerando, nei giorni scorsi su facebook è arrivato una sorta di appello disperato, corredato da un’ottantina di foto che non lasciano spazio all’immaginazione. “Cari amici ascolani, vi rivolgiamo un appello: tornate a frequentare il centro! Sta morendo! E queste foto e le successive lo dimostrano drammaticamente. Nell’area tra piazza Arringo, piazza del Popolo, via del Trivio e via Trieste abbiamo contato e fotografato oltre 100 attività commerciali chiuse (almeno 300 unità lavorative). Se amate Ascoli tornate! Prima che sia troppo tardi”.
Questo è quanto si legge sulla pagina facebook di “Paolo Confraternitapiceni”, un disperato sos (che ha subito scatenato una lunghissima serie di interventi) corredato da foto che evidenziano le tante insegne abbassate con i cartelli “afffittasi” o “vendesi” nel centro cittadino. In realtà verrebbe quasi da dire che quell’appello è sin troppo ottimistico. Più che “sta morendo” il centro sembra ormai moribondo e, se non è già “troppo tardi”, ci manca davvero molto poco. Il terremoto, però, c’entra fino ad un certo punto con questa situazione che viene da lontano e che è stata determinata da ben altri fattori.
“Certo poi terremoto e emergenza neve hanno dato la “mazzata finale” – scrivevamo nell’articolo della settimana scorsa –però non sarebbe serio credere che i problemi del centro cittadino nascano esclusivamente da questi due gravi eventi”. Che hanno semplicemente accelerato un processo già in svolgimento da anni. Fino all’inizio degli anni ’90 il centro era indiscutibilmente il cuore pulsante della città, piazza del Popolo, piazza Roma, piazza della Verdura ogni sera erano popolate non solo da ragazzi di ogni età. I principali negozi erano tutti in centro, così come gli uffici e tutte le attività principali. Poi la situazione è rapidamente mutata, la città ha cambiato volto, il centro pian piano ha perso quel ruolo centrale che aveva sempre avuto ed ha iniziato il suo lento e inesorabile declino, abbandonato a se stesso da scelte politiche sempre più penalizzanti e miopi. In molti attribuiscono questo progressivo declino all’avvento dei centri commerciali.
E’ evidente che tale evento sia stato un fattore importante. Ma sarebbe assolutamente fuorviante ridurre alla loro comparsa sul territorio ascolano il contemporaneo declino del centro storico. Piuttosto è più corretto dire che più determinanti sono state le scelte politiche delle varie amministrazioni comunali che si sono succedute, che per una serie di ragioni hanno preferito investire tempo e risorse per lo sviluppo di determinate aree decentrate, piuttosto che impegnarsi concretamente nella salvaguardia e nello sviluppo del nostro straordinario centro storico. Che, poi, dovrebbe essere il gioiello, il fulcro di una città che da decenni a parole continua a ripetere di voler puntare forte sul turismo.
Scelte politiche miopi, a beneficio di pochi e a discapito della comunità, che hanno riguardato non solo lo sviluppo (o meglio il mancato sviluppo) del centro ma anche settori fondamentali come l’urbanistica, ovviamente il commercio, il decoro cittadino, la gestione di determinati servizi pubblici. In nessuno di questi settori la salvaguardia e la valorizzazione del centro storico sono mai stati considerati la priorità. Piuttosto di contro si sono favorite (consapevolmente o inconsapevolmente) le condizioni per far si che si sviluppasse e si animasse tutto la zona dove è sorto il centro commerciale Al Battente. Così come tutte le scelte in materia di urbanistica hanno privilegiato la cementificazione e lo sviluppo abitativo nelle aree periferiche che hanno fatto la fortuna dei costruttori ma che, inevitabilmente, hanno pian piano portato alla desertificazione del centro, anche in virtù di prezzi per le case (da comprare o affittare) sempre più elevati (almeno fino ad alcuni anni fa).
Un dato, su tutti, dovrebbe far riflettere. I centri commerciali da anni sono presenti ovunque ma, chissà perché, in altri luoghi, in altre città non producono lo stesso effetto che hanno prodotto ad Ascoli. Anche a Siena, ad Arezzo, a Perugia, a Macerata (solo per citare città di grandezza simile al capoluogo piceno e con un certo patrimonio storico-architettonico) nelle zone periferiche della città sono sorti centri commerciali. Però non è certo accaduta la stessa cosa che è avvenuta nel capoluogo piceno, anzi i centri storici di quelle città continuano ad essere estremamente vivi, ad essere il loro cuore pulsante. Da cosa è determinata questa evidente differenza?
Semplice, in quei luoghi all’avvento dei centri commerciali non si è certo accompagnata una politica comunale spiccatamente e sfacciatamente tesa a favorire lo sviluppo dei centri commerciali stessi e delle zone limitrofe. Anzi, la priorità è sempre rimasta la salvaguardia e lo sviluppo del centro cittadino come vero motore della città stessa. Per questo, poi, sono state fatte delle scelte precise, si è programmato cosa si voleva che diventasse il centro cittadino, quali attività andavano concentrate in quell’area e quali invece si potevano decentrare, si sono studiati interventi e soluzioni anche in materia urbanistica, servizi fondamentali come sosta, rifiuti ed illuminazione pubblica sono stati modulati in funzione del ruolo centrale del centro storico, per non parlare dell’attenzione che si è prestata al decoro urbano.
Ad Ascoli, invece, è accaduto l’esatto contrario, con scelte politiche ben precise che (per chissà quale motivo…) hanno sempre più mirato a delocalizzare verso la periferia, verso altre zone, senza di contro programmare un contemporaneo grande progetto di rilancio del centro cittadino. Certo non sarebbe corretto non ammettere che negli ultimi anni qualcosa in più è stato fatto, quanto a meno a livello di arredo e di manifestazioni estive (ma d’altra parte fare meno di prima era pressoché impossibile). Ma servirebbe ben altro per compensare anni di scelte politiche che sono andate in tutt’altra direzione. Scelte che, in realtà, tuttora continuano ad andare in quella direzione. Basterebbe pensare alla vicenda della nuova farmacia comunale che verrà aperta al centro commerciale Al Battente (con la contemporanea chiusura di quella a Brecciarolo e di quella a Porta Romana).
Non solo, qualcuno si è chiesto per quale motivo si è scelto di far aprire strutture come Mc Donald e Burger King, indiscutibilmente in grado di convogliare in zona un gran numero di persone, sempre nella zona del centro commerciale e non, come si auspicavano in molti, in centro? In questo senso, per la verità, va detto che qualche responsabilità è da attribuire anche ad alcuni operatori commerciali del centro storico (ricordate le proteste di alcuni solo all’ipotesi che il Mc Donald, alcuni anni fa, potesse aprire in centro), troppo preoccupati di difendere il proprio, sempre più piccolo, orticello, da non capire che così si rischia seriamente di ottenere l’effetto opposto (come poi è effettivamente capitato).
Fa sorridere che, ora, qualcuno di loro si lamenta per la visita in città de “Le iene”, sostenendo che la pubblicità negativa che ne deriva, per la vicenda della sicurezza delle scuole, potrebbe produrre effetti anche sul turismo. Al di là di questi piccoli egoismi, però, il vero problema è l’atavica mancanza di un chiaro indirizzo politico in proposito. A differenza di quanto accaduto e di quanto accade in quelle città, ad Ascoli come sempre tutto è stato lasciato al caso, non si è fatta alcuna seria programmazione, non si è pensato ad alcun progetto complessivo per dare un’anima, una vocazione al centro cittadino, di un serio piano comunale del commercio, poi, neanche a parlarne. Da sempre sentiamo parlare della vocazione turistica della nostra città, della straordinaria bellezza del nostro centro storico, dell’incredibile patrimonio monumentale che abbiamo la fortuna di avere, dei contenitori culturali che la città possiede.
Però anche in questo caso tante belle parole e nessuna seria programmazione, basterebbe pensare già solo al fatto che da anni la gestione dei tre musei cittadini viene prorogata di volta in volta, di mese in mese (con la conseguente impossibilità, quindi, di programmare attività, iniziative). L’unico tentativo di dare una certa direzione, una vocazione al nostro centro storico risale alla fine dell’amministrazione Allevi, quando si cercò di percorrere la strada per far diventare il centro storico cittadino “patrimonio dell’Unesco”.
Un percorso che, poi, fu proseguito con minor slancio dalla giunta Celani e che, con il passare degli anni, pian piano si è arenato fino ad essere completamente abbandonato. Troppo impegnativo, troppo difficile, per amministratori incapaci di vedere orizzonti diversi al di fuori del proprio orticello, anche solo pensare di imbarcarsi in un’avventura così ambiziosa. Come se i nostri amministratori pensassero che, al di là delle parole di facciata, di propaganda, Ascoli è una città troppo mediocre per ambire a così altri traguardi.
Sempre in tema di programmazione, va anche detto che negli anni l’amministrazione comunale non ha mai concretamente coinvolto e ascoltato gli operatori, le associazioni di categoria (se non quelle più vicine all’amministrazione stessa) per programmare insieme un serio e concreto intervento di rilancio, un progetto per aiutare le attività commerciali e ravvivare il centro. Emblematico, in proposito, il commento di Paride Vagnoni, titolare di due locali in centro (Desco e Boccascena), sotto quell’appello e quello foto sulla pagina facebook.
“Le associazioni non vicine alla politica che comanda non vengono ascoltate e le altre fanno il loro gioco per avere qualche avanzo. E’ finita, non abbiamo più speranze. Provate a chiedere a qualche commerciante del centro di partecipare a qualche dimostrazione contro l’assenza della politica che gestisce questo territorio. Un vuoto assoluto, tutti sotto schiaffo! Io sono stato sempre l’unico che ha sbraitato e strillato, risultato? Che sono uno che da fastidio e pertanto va lasciato fuori!”.
Lo stesso Vagnoni prima di Natale aveva lanciato un appello al Comune per chiedere un concreto sostegno per tutte le attività del centro (“Giù le tasse o chiudiamo, dopo le scosse del 24 agosto per la paura del terremoto i locali del centro sono vuoti”), duramente colpite dalle conseguenze del terremoto, ottenendo inizialmente una risposta piuttosto ambigua da parte del sindaco. Che prima aveva finto di raccogliere quell’appello, limitandosi però a chiedere l’intervento di Regione e Governo (la solita politica del primo cittadino ascolano di delegare ad altri le responsabilità). Poi, però, qualche giorno dopo aveva affermato di condividere in pieno un “delirante” post di un ex consigliere comunale del Pdl che, in sostanza, accusava i commercianti di lamentarsi senza ragione e riteneva che non dovessero essere aiutati.
Come detto, poi, ad “affossare” ulteriormente il centro cittadino hanno sicuramente contribuito determinate scelte in materia urbanistica. Anche in questo caso abbiamo assistito per anni ad una ferma volontà politica di favorire lo sviluppo abitativo esagerato (e sicuramente non indispensabile) delle periferie (sicuramente positivo per “pochi” ma a svantaggio di tutta la comunità), con la conseguente progressiva desertificazione del centro, facilitata anche dall’aumento spropositato dei prezzi di acquisto e di affitto delle abitazioni. Anche in questo caso da anni a parole sentiamo ripetere dai nostri amministratori che bisogna incentivare il ritorno delle giovani coppie in centro ma, in concreto, non sono mai stati neppure pensati progetti concreti per cercare di trasformare le parole in fatti.
Per non parlare, poi, di quanto influenzi negativamente il fatto di non poter essere padroni della gestione di tutto il sistema della sosta, lasciato in mano del privato. Negli anni passati più volte il sindaco Castelli aveva parlato della possibilità e della volontà di ricomprare i parcheggi. Ora, però, sappiamo con certezza che era solo propaganda, solo un modo per gettare “fumo negli occhi”. Già nei mesi scorsi, rispondendo ad un’interrogazione presentata dal Movimento 5 Stelle, il sindaco aveva affermato che non c’era la possibilità di riacquistare i parcheggi. Poi nel Consiglio Comunale del 26 gennaio scorso, al consigliere comunale Ameli che gli chiedeva di utilizzare gli oltre 12 milioni di euro provenienti dalla vendita di Piceno Gas per riacquistare i parcheggi (oltre che per le verifiche di vulnerabilità sismica nelle scuole), il primo cittadino senza mezzi termini ha detto che non ritiene conveniente per il Comune il riacquisto dei parcheggi.
Insomma una pietra tombale su questa opportunità e, di fatto, l’ammissione che un serio e vero progetto di rilancio e rivitalizzazione del centro cittadino non è mai stato tra le priorità di questa amministrazione. Perché per una priorità, se davvero si crede nella centralità per la città di un simile progetto, si è anche disposti ad investire qualche milione di euro. E’ chiaro che, con la sosta gestita dal privato, pensare a qualcosa di diverso del semplice compitino sarebbe completamente insensato e fuori luogo. Invece con la gestione della sosta in proprio il Comune avrebbe potuto pensare ad una diversa mobilità nel centro stesso, a nuove isole pedonali, ad iniziative particolari per la sosta, non solo in occasione del Natale, ma anche in determinati momenti dell’anno o in occasione di eventi particolari, ad iniziative di largo raggio per invogliare i cittadini a tornare a frequentare il centro.
A tutto ciò bisognerebbe, poi, aggiungere che altre situazioni, pur se di riflesso, finiscono inevitabilmente per accentuare questa irrefrenabile desertificazione e fuga dal centro cittadino. Parliamo, ad esempio, dell’illuminazione pubblica, altro servizio affidato a privati (con risultati a dir poco disastrosi). Anche in questo caso se il servizio fosse rimasto in mano pubblica si potevano pensare misure particolari per alcuni luoghi caratteristici della città, per alcune zone del centro (magari già lasciare un’illuminazione decente in occasione di certi eventi, come la Quintana, sarebbe stato un grosso passo avanti rispetto alla situazione attuale…) .
Non solo, in questo periodo difficile, anche e soprattutto per il post terremoto, si poteva sperare di dare al centro un aspetto meno spettrale di quello che ha attualmente, conseguenza dell’inevitabile desertificazione ma anche del nuovo sistema di illuminazione che, neanche a farlo apposta, sembra essere perfettamente adeguato all’atmosfera triste e desolata che si respira in centro in questo periodo. Già, si sarebbe potuto fare se il servizio fosse ancora stato gestito dal Comune, non certo ora che è del privato che, per 15 minuti di luce in più, fa pagare agli ascolani quasi 50 mila euro… Infine di certo al rilancio e all’immagine del centro storico non giova il generale degrado in cui versano anche zone caratteristiche del centro stesso, come abbiamo ampiamente documentato nei mesi scorsi nell’articolo “La grande bruttezza”, con tanto di reportage fotografico su tutte le “brutture” del centro cittadino.
“Fa tremare girare per il centro e vedere tutte queste verande chiuse. La colpa di chi? Di tanti soggetti, nessuno escluso. Ma siamo ad un punto di non ritorno, non è possibile fare finta di niente e scaricare la colpa su altri. Ognuno di noi, a partire dalla politica e dagli esercenti, si assuma la propria responsabilità e provi a cambiare le cose” ha scritto in proposito della situazione del centro il consigliere comunale Ameli. Ovviamente non possiamo che sperare che questa assunzione di responsabilità, da parte di tutti i soggetti interessati, avvenga al più presto e che finalmente si cambi completamente direzione.
Ma non bisogna perdere tempo perché la situazione è drammatica e a breve potrebbe addirittura peggiorare. Infatti le prescrizioni dell’Ufficio ricostruzione prevedono che dove non è possibile (o è troppo costoso) effettuare l’adeguamento sismico, bisogna delocalizzare. Questo, in concreto, significa che molte delle scuole che attualmente sono in centro rischiano di essere trasferite altrove. E stessa sorte potrebbe toccare a tutti quegli uffici ospitati in alcuni palazzi storici del centro (da Palazzo dei Capitani a Palazzo Arengo, fino a Palazzo San Filippo). Se così fosse quei palazzi rischiano di diventare dei contenitori vuoti. Probabilmente il “colpo di grazia” definitivo al già moribondo centro cittadino…