La strage degli innocenti
Offesi, ingiuriati,sottoposti ad una vera e propria gogna mediatica e condannati senza appello dal tribunale speciale di una parte dell’informazione italiana ma, poi, assolti dalla giustizia ordinaria. Dal caso Guidi all’archiviazione di 113 dei 116 imputati per Mafia Capitale, il 2017 si è aperto come si era chiuso il 2016, con una valanga di assoluzioni “eccellenti”
L’emergenza neve con la tragedia di Rigopiano prima, le nuove scosse di terremoto, con le tante difficoltà per le popolazioni colpite dal sisma, poi e, infine, gli scandali romani sulla Raggi hanno inevitabilmente hanno fatto passare in secondo piano altre importantissime vicende di questo inizio 2017. Che, di fatto, si è aperto sulla falsariga del 2016, un anno che sarà ricordato per i tanti presunti scandali, per le tante inchieste penali montate e gonfiate a dismisura dalla stampa, incidendo non poco sul panorama politico italiano , finite poi in clamorosi nulla di fatto.
Se, infatti, il 2016 si era chiuso con l’assoluzione con formula piena di quella che qualche giornale aveva già denominato “Lady Alluvione”, l’assessora della giunta Burlando Raffaella Paita, il 2017 si è aperto prima con la richiesta di archiviazione per l’allora fidanzato del ministro Federica Guidi, Gianluca Gemelli, nell’ambito dell’inchiesta Tempa Rossa, poi con la clamorosa archiviazione per 113 dei 116 indagati nell’ambito dell’inchiesta romana denominata Mafia Capitale. Chiariamo subito un concetto, qui non è certo in discussione (lo abbiamo fatto in altra sede e per altre vicende) il lavoro delle procure, che hanno il diritto, anzi, il dovere di iscrivere nel registro degli indagati e indagare politici o personaggi in qualche modo a loro legati in presenza di fatti che meritano di essere approfonditi.
Così come non è in discussione quello dei tribunali e dei giudici che sono poi chiamati, sempre se e quando quei procedimenti arrivano a giudizio, ad emettere sentenze. Sotto accusa è il sempre più insopportabile giacobinismo e il becero giustizialismo (in alcuni casi a “targhe alterne”…) di una larga parte dell’informazione italiana, di alcuni ambienti politici e anche di una parte dell’opinione pubblica. Che non aspetta altro per far fuori i propri avversari politici, pronti, al primo minimo pretesto, ad annientarli e distruggerli, emettendo senza esitazioni e senza alcuna precauzione immediate sentenze di “condanna a morte”, definitive e inappellabili. Dovrebbe essere evidente, essendo chiamati in causa soprattutto i mezzi di informazione, l’anomalia nella definizione “avversari politici”.
In un paese normale e civile non dovrebbe essere così, a meno che non si stia parlando di giornali o mezzi di informazione di partito. Ma sappiamo tutti qual è la realtà italiana e come molti mezzi di informazione hanno come principale vocazione la demolizione e l’annientamento degli avversari politici. Il metodo e l’iter di queste vicende è sempre lo stesso, alla prima avvisaglia di una possibile indagine, parte immediatamente una violenta campagna mediatica, con titoloni in prima pagina, illazioni, sospetti, presunti approfondimenti che non sembrerebbero lasciare spazio a dubbi e interpretazioni. Una campagna che evidenzia come il protagonista o i protagonisti della vicenda siano evidentemente colpevoli, al punto che non ci sarebbe neppure bisogno di fare processi.
Poi, però, le vicende giudiziarie inevitabilmente prendono un’altra piega, la situazione assume contorni e connotati completamente differenti, fino a svanire in un’anticipata archiviazione o in un’assoluzione. Che, ovviamente, nella migliore delle ipotesi viene riportata nelle pagine di coda, quando addirittura non viene incredibilmente ignorata. Ricordate, ad esempio, la prime pagine di alcuni dei più importanti giornali italiani nel periodo tra metà marzo e i primi giorni di aprile dello scorso anno? Argomento quotidiano centrale l’allora ministro Federica Guidi e l’inchiesta Tempa Rossa che coinvolgeva il suo fidanzato Gianluca Gemelli.
“Il regalo del governo al fidanzato del ministro” uno dei titoli di copertina del “Fatto Quotidiano” di allora. Molto sobrio, bisognerebbe dire, visto che qualche giorno dopo lo stesso quotidiano diretto da Travaglio apriva il giornale con il titolo a tutto pagina “Mariaelena trivellata dai pm” (riferendosi al fatto che la Boschi era stata sentita il giorno precedente dai pm). Non da meno “Il Giornale” che per settimane ha aperto la prima pagina con titoli a caratteri cubitali parlando, in proposito, del “governo dei petrolieri”. Come al solito ampio spazio ad intercettazioni che, da un punto di vista giudiziario, non hanno nulla di rilevante ma, come si dice in questi casi, delineano meglio i contorni della vicenda. Come quella in cui, nel corso di una litigata con il fidanzato, portò il ministro Guidi ad esclamare “non mi puoi trattare come una sguattera del Guatemala”.
Con il conseguente “scoop”, qualche giorno dopo, di un quotidiano che, in prima pagina, sparava a titoli cubitali l’appello di una cameriera 39enne proveniente dal Guatemala che chiedeva alla ministra di scusarsi con tutto il suo paese. Otto mesi dopo quella vicenda è finita nel dimenticatoio e probabilmente non tutti sanno che la Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione per l’allora fidanzato della Guidi. “Aldilà di tali censurabili atteggiamenti non emerge che abbia richiesto compensi per interagire con esponenti dell’allora compagine governativa” scrive la Procura, smentendo così clamorosamente quel titolo del “Fatto Quotidiano” (che, però, siamo certi ne saprà molto più del procuratore che ha condotto le indagini…).
Archiviazione chiesta anche per tutti gli altri indagati, in poche parole non è successo niente di penalmente rilevante, nessun favore (ma anche nessuna richiesta di favore) o compensi da parte del governo al fidanzato della Guidi, un falso, almeno secondo la Procura, che il governo o qualche esponente politico abbia anche solo provato a fare gli interessi dei petrolieri. Naturalmente la notizia dell’archiviazione non è stata in alcun modo messa in rilievo da quei quotidiani che 8 mesi fa avevano “processato” la Guidi e il governo, finita nella migliore delle ipotesi nelle pagine di coda. Ovviamente, almeno per quanto ci riguarda, ben diverso è il discorso strettamente politico. Bene ha fatto la Guidi a dimettersi, le responsabilità politiche sono cosa completamente differente rispetto alle eventuali responsabilità penali (che in questo caso erano inesistenti sin dall’inizio, visto che la Guidi non era neppure indagata). Però il “massacro” mediatico a cui è stata sottoposta (anche dopo le dimissioni) insieme al governo del quale faceva parte, con ipotesi e ricostruzioni che dopo 8 mesi possiamo dire con certezza erano semplicemente “spazzatura”, è indegno.
Così come indegna è stata la campagna condotta da una parte della stampa nei confronti di Raffaella Paita, ex assessora della giunta Burlando, indagata per il mancato allerta dell’alluvione di Genova e addirittura accusata di concorso in omicidio colposo e disastro colposo. “Lady Alluvione”, così era stata ribattezzata da un noto quotidiano (difficilissimo indovinare quale…), ha trascorso 18 mesi di inferno, subendo le conseguenze di quella campagna mediatica violenta nella sua corsa alla presidenza della Regione. Ora una sentenza del tribunale ha sancito che quelle accuse erano assolutamente infondate e che il suo comportamento, nel corso di quella emergenza, è stato comunque più che giusto. Al di là di quell’ignobile epiteto, della sua storia non si può dimenticare quando, in occasione del confronto tv su Sky contro i suoi avversari nella corsa alla Regione, venne accolta da un gruppo di sostenitori grillini che, sventolando davanti alle tv la prima pagina di quel quotidiano con il titolo a caratteri cubitali con l’epiteto “Lady Alluvione”, le urlavano “assassina”.
Ad Ilaria Capua, deputata di Scelta Civica e virologa di fama internazionale (nota per aver reso pubblica la sequenza genetica di un ceppo dell’aviaria senza brevettarla), quell’epiteto lo urlavano in Parlamento alcuni “gentiluomini” del Movimento 5 Stelle. Non posso fare a meno di fare una piccola digressione, proprio ieri sera (mercoledì) sentivo Alessandro Di Battista dalla Gruber chiedere rispetto per la Raggi, di non dare giudizi affrettati su di lei solamente sulla base degli avvisi di garanzia. Pienamente condivisibile (anche in questo caso altro è il giudizio politico sull’operato della sindaca, assolutamente disastroso sotto ogni punto di vista), chi è davvero garantista come il sottoscritto non può che essere dalla parte della prima cittadina romana, assolutamente innocente fino a prova contraria. Però da Di Battista e dai suoi compagni di partito (o di Movimento) nei mesi scorsi non è arrivata mai neppure una parola di scuse per vicende come quella della Paita o della Capua, a cui loro hanno addirittura affibbiato l’epiteto di “assassine”. Un po’ di coerenza non guasterebbe…
Tornando alla Capua, era finita in un’inchiesta del procuratore di Roma Capaldo con l’accusa di essere al centro di un’associazione a delinquere che contrabbandava virus e causava epidemie in cambio di soldi. Anche in questo caso per alcuni mezzi di informazione non era neanche necessario il processo, la sentenza di condanna era già stata emessa. Emblematica, a tal proposito, la copertina dell’Espresso che sentenziava “Trafficanti di virus”. A quel settimanale si accodavano subito il “Fatto Quotidiano”, “Libero”, il “Giornale” che per settimane hanno pubblicato articoli e approfondimenti parlando di quei poveri innocenti infettati per la sete di denaro dei soliti colossi faramaceutici, serviti dalla Capua. Che, però, a metà 2016 verrà assolta “perché il fatto non sussiste”. Assoluzione di cui l’Espresso non darà mai la notizia, mentre addirittura farà peggio il Fatto Quotidiano che, dopo aver relegato in penultima pagina (dopo le copertine dei mesi precedenti) la notizia, nei giorni successivi continuerà a pubblicare le tesi dei pm, come se ancora il tribunale di Verona dovesse pronunciarsi.
Una schifezza, ancor più insopportabile se si leggono le motivazioni del proscioglimento che dimostrano come si fosse trattato di un’accusa completamente campata per aria, visto che manca prima di tutto l’evento (“i 7 ritenuti contagiati in realtà non avevano la malattia”) e non c’è alcuna prova o anche alcun sospetto che i ceppi virali siano stati effettivamente messi in circolazione. Il bello, tra l’altro, è che sulla vicenda c’era già stata un’indagine a Bologna, poi archiviata per l’assoluta insussistenza delle ipotesi accusatorie. “E’ evidente – si legge ancora nelle motivazioni – come gli inquirenti abbiano stravolto gli esiti dell’inchiesta bolognese archiviata per costruire accuse del tutto prive di fondamento”. Per la cronaca. dopo l’assoluzione con formula piena la Capua ha lasciato il Parlamento e l’Italia per trasferirsi negli Stati Uniti, ad Orlando, per dirigere un centro di eccellenza universitario.
Nello stesso periodo un’altra sentenza (clamorosa solo per chi non fa cronaca ma semplicemente propaganda politica) smontava e metteva fine a quella indegna gogna mediatica a cui sono stati sottoposti per 2 anni i 66 consiglieri regionali delle Marche finiti sotto inchiesta per le presunte “spese pazze”. Offesi, ingiuriati, condannati senza appello dalla maggior parte dei giornali, 60 di loro sono stati assolti o scagionati (e gli altri 6 finiranno sotto processo solo per alcuni capi di imputazione). Come dimenticare, ad esempio, quando nel maggio del 2015 il “Fatto Quotidiano” denunciava la vergogna di quello che chiamava il “Pdip”, il partito degli indagati con ben 24 sui 250 candidati per le elezioni regionali delle Marche che erano coinvolti in quella inchiesta. Ricordiamo ancora gli articoli, gli interventi televisivi dei vari Travaglio e Scanzi che vomitavano “veleno” contro di loro. “Chi ripagherà l’offesa alla mia dignità e alla mia morale?”, si chiedeva l’ex consigliere regionale Giulio Natali dopo che il tribunale aveva sancito la sua assoluta e indiscutibile innocenza (come quella degli altri 59).
Andiamo avanti. A dicembre la Cassazione ha scagionato dall’accusa di associazione per delinquere Ottaviano Del Turco, ad inizio anno (gennaio 2016) era naufragata nel nulla l’inchiesta Why Not, il trampolino di lancio dell’attuale sindaco De Magistris, con Clemente Mastella che non è andato neppure a processo. Nel marzo 2016 stessa sorte tocca ad Ercole Incalza, il dirigente del ministero delle Infrastrutture, quello che viene considerato da tutti la mente dell’Alta velocità italiana, prosciolto senza neppure arrivare a processo da novi capi di imputazione. E se forse il nome di Incalza non vi dirà nulla, è giusto ricordare che, in questo caso, la vittima del campagna stampa fu l’allora ministro Lupi, costretto poi a dimettersi per aver difeso Incalza e per non averlo rimosso.
Ancora, stessa sorte per il governatore campano De Luca, per il presidente del Pd campano Graziano finito nel mirino di alcuni giornali e, in pratica, costretto a dimettersi per essere finito un’indagine con l’ipotesi di reato di concorso esterno in associazione mafiosa, accusa poi caduta (e inchiesta nei suoi confronti archiviata) perché palesemente infondata. E poi ancora Vasco Errani, Sandro Frisullo (vicepresidente della giunta Ventola) l’ex presidente della Regione Piemonte Cota, il senatore di Forza Italia Antonio D’Alì, fino ad arrivare all’ex sindaco di Roma Marino (il cui “massacro” mediatico ha raggiunto livelli mai toccati prima) assolto dalle accuse di truffa e peculato. Tutti assolti, dopo essere stati condannati senza appello dal tribunale speciale costituito da alcuni mezzi di informazioni, tutti finiti nell’ignobile tritacarne di un certo tipo di giornalismo che definire spazzatura è limitativo.
Martedì scorso, poi, è arrivata l’archiviazione di 113 dei 116 imptati nell’inchiesta chiamata Mafia Capitale. Tra loro ci sono anche l’ex sindaco di Roma Alemanno, il presidente del Lazio Zingarelli e il suo vice. Il fatto Quotidiano, che ha fatto decine e decine di copertine sull’argomento, ieri ovviamente ha relegato in fondo al giornale la notizia, mettendo in rilievo in prima pagina la notizia dei 25 anni di “Mani Pulite”. Va detto, per dovere di cronaca, che la prima parte del procedimento per Mafia Capitale è già in corso, con il processo, che vede alla sbarra 46 imputati (tra cui Carminati, Buzzi, Panzironi, Odevaine, il capogruppo del Pdl in Regione Gramazio, 6 politici romani del Pd e 7 del Pdl), che sta entrando nella sua fase cruciale.
“Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni” sosteneva Giuseppe Fava. Verissimo e condivisibile, ma in tutti i casi citati non si è assolutamente perseguita e cercata la verità, si è deciso aprioristicamente e per motivi di convenienza politica (termine che, se riferito ad organi di informazione, suona ancora più sinistro) di infangare e cercare di distruggere mediaticamente quelli che sono considerati non politici da controllare ma avversari da demolire a qualsiasi costo.
Ma è accettabile tutto ciò in un paese civile? E non prova alcuna vergogna il mondo dell’informazione italiana di fronte a questi ripetuti “scivoloni”? Superfluo rispondere, visto il ripetersi ormai da troppi anni di questi episodi…