Dopo aver lasciato in mano ai privati alcuni dei più importanti servizi pubblici, “per pagare i bufffi” il Comune vende ad un gruppo senese anche la società comunale Piceno Gas Vendita. Accolti con favore da un ristretto gruppo di privati anche gli interventi in urbanistica e l’annunciata rivoluzione del servizio farmacie comunali
“Ascoli agli ascolani”. Quante volte in questi anni ci siamo sentiti ripetere dai nostri amministratori questo slogan che intendeva evidenziare che in qualsiasi iniziativa, in qualsiasi manifestazione, in qualsiasi progetto importante, nei limiti del possibile bisognava tenere presente e privilegiare l’appartenenza al territorio. Come dimenticare, ad esempio, proprio in nome di questo slogan, la “scellerata” decisione dell’allora assessore alla cultura Antonini di non riproporre ad Ascoli quel festival internazionale della danza (che poi ha fatto le fortune di Civitanova Marche) e quel festival della satira che animavano le serate estive ascolane. Da allora sono passati quasi 20 anni e quello slogan risuona spesso negli annunci e nei proclami dei nostri amministratori. Nei fatti, però, perché poi nella realtà la situazione è completamente differente e, anzi, anche quando non sarebbe male tenere presente e privilegiare le risorse del territorio ci si comporta esattamente al contrario.
Basterebbe pensare alla recente festa di fine anno in piazza, quando l’amministrazione comunale (attraverso l’Amat) ha preferito affidarsi ad una band piemontese di scarsissimo richiamo (come hanno poi dimostrato i “quattro gatti” presenti in piazza del Popolo) piuttosto che puntare sugli ascolani “La Rua” che, ironia della sorte, hanno animato il Capodanno in piazza di San Benedetto (con oltre 5 mila persone presenti). Il tutto, per giunta, praticamente allo stesso identico costo, 25 mila euro per la festa di Capodanno organizzata dall’Amat ad Ascoli (delibera 264 del 30 dicembre ma pubblicata sull’albo pretorio on line solo nei giorni scorsi) , 25 mila euro per il concerto de “La Rua” a San Benedetto. Ma quello slogan suona ancor più beffardo se si pensa a come sta procedendo l’amministrazione comunale per quanto riguarda la gestione di importanti servizi.
Che, per i più svariati, sono ormai in mano ai privati, possibilmente non ascolani. Se, infatti, la gestione della sosta è da anni nelle mani di una multinazionale italo-spagnola, negli ultimi tempi abbiamo anche assistito al passaggio nelle mani di una società del pesarese (l’Opera Light di Cartoceto) del servizio pubblica illuminazione e, proprio di recente, della società comunale Piceno Gas in quelle di una società senese (Estra Energie srl). Ironia della sorte, proprio l’ex società comunale sembra la migliore esemplificazione di quanto stiamo sostenendo. Infatti nel suo sito internet di Piceno Gas, nel link di presentazione della società campeggia lo slogan “Un azienda del territorio nel tuo territorio” che ricalca in pieno quell’”Ascoli agli ascolani” da cui siamo partiti. Slogan che sarà il caso di rimuovere al più presto, visto che ora l’azienda non è più del territorio ma parla toscano, grazie alla società senese che se l’è aggiudicata.
Che già nel luglio 2016 aveva acquisito il 45% delle quote della società comunale, al costo di poco meno di 6 milioni e mezzo (per l’esattezza 6.322.978,69 euro). E che ora ha avuto il via libera, con delibera n. 262 del 22 dicembre scorso (ma pubblicata sull’albo pretorio on line solo nei giorni scorsi), all’acquisizione dell’altro 45% delle quote, allo stesso prezzo. “Il Consiglio comunale, con atto n. 23 in data 12/5/2016 ha autorizzato l’alienazione del 45% della quota societaria posseduta dalla Piceno Gas Distribuzione Srl – si legge nel documento istruttorio della delibera 262 – con il medesimo atto ha autorizzato una successiva alienazione di un’ulteriore quota del 45%, entro un periodo non superiore a 36 mesi dall’aggiudicazione, all’aggiudicatario della predetta procedura pubblica allo stesso importo di aggiudicazione derivante dalla procedura di vendita”.
Il 9 dicembre scorso l’Estra Energie srl ha manifestato l’esigenza di acquisire quell’ulteriore 45% e l’amministrazione comunale, senza indugi, pochi giorni dopo ha dato il via libera. La conseguenza di tutto ciò è che ora la Piceno Gas Distribuzione di fatto da società comunale è diventata una società senese (l’Estra Energie srl ne possiede il 90%) e, soprattutto, che nelle casse comunali nel giro di poche mesi sono entrati più di 12,5 milioni di euro (12.645.957, 38 euro per l’esattezza). Tralasciando il discorso sulle conseguenze che questo avrà per il servizio stesso (il precedente dell’illuminazione pubblica indurrebbe al più cupo pessimismo), per comprendere realmente la validità o meno di tutta l’operazione bisognerebbe capire in che modo l’amministrazione comunale intenderà utilizzare quei consistenti fondi. Una proposta, sulla carta impossibile da non condividere, arriva dal gruppo consiliare del Pd.
“Tramite interrogazione – si legge in una nota – abbiamo formalizzato la richiesta di impegno dei soldi incassati dalla vendita (quasi 13 milioni) a favore della procedura di riacquisto dei parcheggi e/o procedura di verifica di vulnerabilità sismica di tutti i plessi scolastici di proprietà comunale ed i relativi lavori di adeguamento. Nonostante riteniamo la vendita dei nostri “gioielli di famiglia” un grave errore politico amministrativo, pensiamo altresì che dare proposte concrete sia il compito di una forza politica come il PD. E’ per questo che chiediamo al Comune di chiarire se questi soldi siano utili solo a tappare buchi di mala gestio oppure possano risultare un’opportunità per la città. Vogliamo credere che chi governa la città’ di Ascoli non sia cosi egoista da non voler investire l’incasso della vendita della Piceno Gas per il riacquisto dei parcheggi ad Ascoli Piceno ed un investimento sulle scuole della nostra città con verifica di vulnerabilità sismica e successivi lavori. Con 13 milioni di euro (l’incasso della vendita del ben 90% della Piceno Gas) si può fare molto. E per questo lanciamo il guanto di sfida a questa amministrazione”.
Ecco, se quei soldi fossero davvero utilizzati per mettere in sicurezza tutte le scuole cittadine e per ricomprare i parcheggi, dovremmo davvero alzarci in piedi ed applaudire l’operazione portata a termine dall’amministrazione comunale. Peccato, però, che si tratta di un sogno destinato a rimanere tale. Sappiamo, infatti, che i primi 6 milioni e mezzo (qualcosa in meno) di euro in realtà già hanno avuto una precisa destinazione. “L’assessore al bilancio ha ammesso che quei soldi sono serviti a pagare i “buffi” – spiegava alcuni giorni fa il consigliere comunale Castiglia – i debiti creati dalla cattiva amministrazione degli anni passati. Abbiamo venduto parte del patrimonio per pagare una totale mancanza di programmazione politica e finanziaria da parte delle amministrazioni Castelli”.
L’interrogativo, quindi, è se il ricavato della vendita dell’altro 45% (sempre poco meno di 6 milioni e mezzo) potrà essere utilizzato per interventi importanti per la città (se non sono sufficienti per ricomprare i parcheggi lo sono sicuramente per mettere finalmente in campo un serio programma per garantire la sicurezza delle nostre scuole.) o se anche quei fondi serviranno per coprire le falle del bilancio comunale. Che, in tal caso, sarebbe più giusto definire una vera e propria voragine che aprirebbe inquietanti interrogativi sulla gestione amministrativa del sindaco Castelli. Che lascerebbe in eredità a chi verrà dopo di lui una città sull’orlo (se non oltre) del collasso finanziario e quasi completamente in mano ai privati. Abbiamo detto dei parcheggi, abbiamo visto cosa sta accadendo con la pubblica illuminazione, con la raccolta differenziata e ora anche con la Piceno Gas. Ma bisognerebbe sottolineare che anche in altri importanti settori le decisioni dell’amministrazione comunale, casualmente o meno, finiscono per sollevare dubbi in proposito.
Come, ad esempio, per tutti gli interventi che riguardano l’urbanistica negli ultimi 10 anni (e anche di più) che, magari per puro caso, hanno fatto la gioia di un ristretto gruppo di privati (lo stesso nuovo piano regolatore che prevede un’ulteriore cementificazione che non è certo utile per la città ma è molto gradita da qualcun altro…). O come le novità previste per quanto riguarda il servizio relativo alle farmacie comunali che, secondo quanto riportato nella delibera n. 268 del 30 dicembre scorso (anch’essa pubblicata sull’albo pretorio on line solo nei giorni scorsi), prevede l’apertura di una nuova farmacia comunale all’interno del centro commerciale “Il Battente”, con il conseguente sacrificio (chiusura) di altre due farmacie comunali, quella di Brecciarolo e quella di Porta Romana (via Dino Angelini).
Una decisione che, all’interno della delibera stessa, si cerca di spiegare parlando di fatturato annuo, elencando numeri e dati. Che, però, non contribuiscono certo a rendere più comprensibile una scelta che suscita non poche perplessità. Innanzitutto perché, premesso che il servizio farmacie comunali ottiene già un utile importante (quindi non è certo in situazione critica), non può certo essere l’aspetto economico l’unico metro di giudizio per operare scelte che riguardano un importante servizio fornito dal Comune ai cittadini. E poi perché da un punto di vista di una corretta distribuzione del servizio stesso sul territorio comunale non ha alcun senso togliere quelle due farmacie, penalizzando pesantemente quelle due zone (in particolare Brecciarolo che rischia di rimanere senza farmacia), per metterne una nuova nel centro commerciale.
Una decisione che, alla fine, finisce per far felice solo ed esclusivamente quel centro commerciale, quindi ancora una volta un privato. In questo caso non c’è neppure la giustificazione della difficile situazione economica che in questi anni ha spinto il Comune ad affidare tutto quello che può ai privati, con l’unico obiettivo di fare cassa. E con la conseguenza inevitabile, però, che troppo spesso importanti scelte per il futuro della città finiscono per essere condizionate dal volere dei privati stessi. Pensiamo, ad esempio, a quanto sta avvenendo con l’illuminazione pubblica dove diventa problematico e costosissimo (50 mila euro in più) anche solo accendere o spegnere le luci qualche minuto prima (o dopo) o dove diventa impossibile garantire un’illuminazione adeguata persino alla manifestazione storicamente più importante della nostra città, la Quintana.
Per non parlare di quanto da anni avviene in merito alla sosta, con il Comune che ha le mani legate e per ogni minimo intervento di fatto deve chiedere l’autorizzazione al privato che gestisce il servizio (e che vantando un credito milionario nei confronti del Comune inevitabilmente ha la parola finale).