Beffa rifiuti: tassa aumentata per un servizio che non c’è


Ad inizio 2016 il sindaco aveva giustificato l’ennesimo aumento tari con la necessità di finanziare l’estensione a tutta la città del sistema di raccolta “porta a porta”.  Il cui avvio, però, slitta nella migliore delle ipotesi ad inizio 2017

Oltre al danno, la beffa.  Siamo al paradosso, con  situazione dai contorni imbarazzanti, per quanto riguarda la raccolta differenziata e la conseguente tassa rifiuti (tari) nel capoluogo piceno, con l’ennesima conseguente grave penalizzazione dei cittadini ascolani. Che, ad inizio anno, si sono visti imporre dall’amministrazione comunale l’ennesimo aumento del 13% della tari, che si aggiungeva all’8% dell’anno precedente, con la giustificazione che la “stangata” serviva per finanziare l’estensione del sistema di raccolta “porta a porta” a tutta la città,  con l’obiettivo di incrementare la percentuale di raccolta differenziata che a fine 2015 era drammaticamente ferma al 44% (rispetto al minimo previsto dalla legge del 65%).

Ora, però, emerge (anche se gli indizi in tal senso c’erano già da mesi) che in realtà la cosiddetta rivoluzione “porta a porta” partirà (almeno si spera) solo nel 2017. Quindi sindaco e giunta hanno imposto agli ascolani un aumento di tassa al quale non è corrisposto quel miglioramento e quella rimodulazione del servizio che erano alla base dell’aumento stesso. Siamo all’ennesimo capitolo di una vicenda imbarazzante, che pone Ascoli al livello dei paesi del “terzo mondo”.

Qualche dato, innanzitutto, prima di entrare nel merito di una vicenda che fotografa al meglio l’imbarazzante incapacità di questa amministrazione di programmare in maniera adeguata e concreta, per far capire quanto deficitaria sia stata la gestione della raccolta rifiuti negli ultimi 15 anni.  Nel 2002, dopo il primo disastroso tentativo di raccolta differenziata “porta a porta” avviato dall’allora assessore Rozzi (guarda caso oggi consigliere dell’Ascoli Servizi Comunali che gestisce il servizio), la percentuale di differenziata si attestava  al 25%.

Quel sistema, in realtà, non che funzionasse molto, visto che in 24 mesi si era registrato un incremento di differenziata appena del 3% e si era perfino creato un comitato cittadino che contestava il nuovo metodo. Quanto meno, però, Ascoli era in linea con il resto della regione, anzi era addirittura sopra la media regionale di differenziata che si attestava a circa il 15% (con sole pochissime eccezioni sopra il 30%). Quattordici anni dopo la situazione è radicalmente cambiata, la media regionale sfiora il 65%, due capoluoghi di provincia superano addirittura quella quota (Macerata 79%, Pesaro 71%), mentre gli altri due sono poco sotto (Ancona 63% e Fermo 60%).

Ad Ascoli, invece, la percentuale di differenziata a fine 2015 si attestava ad un desolante 44%, con un incremento di appena il 19% in 14 anni rispetto al 40-45% (con punte anche del 50%) nel resto della regione. Come è stato possibile un simile disastro, un simile divario con il resto della regione? Il segreto (di Pulcinella) è racchiuso in poche magiche parole: programmazione, investimenti, informazione, coinvolgimento dei cittadini. Gli altri Comuni marchigiani l’hanno fatto e i risultati si sono visti, ad Ascoli, invece, in questi 14 anni (almeno in questo settore) si è assistito al festival dell’improvvisazione.

I vari assessori che si sono succeduti (Rozzi, Galosi, Travanti, Antonini, Tega) più volte hanno cambiato il sistema di raccolta ed in ogni occasione il sindaco (prima Celani, poi Castelli) ha annunciato “urbi et orbi” che si sarebbero ottenuti risultati stupefacenti. Ovviamente niente di tutto ciò si è mai verificato e ora siamo ancora all’annuncio di una nuova rivoluzione (spostata ad inizio 2017). Va infine considerato che nello stesso periodo di tempo analizzato (14 anni) la tassa rifiuti ad Ascoli è cresciuta tra l’80 (abitazioni civili) e l’85% (attività commerciali). In pratica 4 volte di più di quanto sia cresciuta la differenziata.

Tornando alla situazione attuale, nel marzo scorso il sindaco Castelli spiegava così la nuova stangata tari “La mancata attivazione della sesta vasca da parte della Provincia impone che i costi necessari per la copertura di un progetto così ambizioso vengano sostenuti dai contribuenti ascolani attraverso uno specifico incremento della tari. Gli investimenti e le spese che questa operazione comporterà (acquisto nuovi automezzi, kit, attività di promozione etc.) sono superiori infatti al milione di euro e solo con la fiscalizzazione di questi oneri potremo sostenere il progetto”.

Quel “progetto così ambizioso” in realtà  consisteva semplicemente nel cercare di allineare Ascoli ai comuni “civili”, quelli in cui la raccolta differenziata è da anni almeno intorno al 65% (se non più). Ma sappiamo tutti come è fatto il primo cittadino, anche l’ordinaria amministrazione, anche interventi necessari per far fronte alle inefficienze della sua amministrazione vengono presentati come progetti sensazionali, come intuizioni geniali e innovative (l’imbarazzante vicenda della polizza assicurazione docet), da annunciare in “pompa magna” con squillo di trombe e rullo di tamburi.

Dai prossimi mesi – spiegava ancora Castelli – la metodica del porta a porta sarà estesa a Porta Cappuccina (da settembre), Porta Maggiore ( da ottobre) e Monticelli e frazioni (da novembre) e si passerà da 5.000 a 22.000 utenti serviti. Si tratta di un progetto ambizioso quanto necessario attraverso il quale il Comune si prefigge di raggiungere il 65% di differenziazione del rifiuto”.  Un mese dopo nell’opuscolo diffuso dal Comune a tutte le famiglie ascolane, l’amministrazione comunale ribadiva l’estensione del servizio che era alla base dell’ennesimo aumento della tari.

La raccolta porta a porta – si legge nell’opuscolo – sarà attiva da settembre 2016 gradualmente su tutto il territorio comunale”. Settembre è passato, siamo già nella seconda metà di ottobre e nulla è stato fatto.  Anzi, tutto è stato rinviato (almeno si spera) ad inizio del nuovo anno.  Dilettanti allo sbaraglio, verrebbe da dire, ma c’è di più. Spulciando  tra gli atti comunali emerge un’ulteriore verità, per certi versi ancora più imbarazzante.

In pratica si scopre che ad inizio anno, quando il sindaco giustificava il nuovo aumento tari con quel “progetto così ambizioso”, in realtà l’amministrazione comunale era ancora in alto mare e non aveva alcun progetto concreto in mano per il 2016.  Infatti la proposta per la nuova organizzazione del servizio di raccolta differenziata, elaborata dalla società partecipata Ascoli Servizi Comunali (ASC), è stata approvata solamente l’8 luglio scorso, con delibera n. 138, cioè ben 4 mesi dopo l’annuncio del primo cittadino.

E nel documento istruttorio della delibera si sottolinea come nei mesi precedenti si sono tenuti 3 incontri (21 marzo, 12 aprile e 16 maggio) con la società Ascoli Servizi Comunali  “finalizzati ad esaminare le metodologie e le tempistiche dell’implementazione del servizio di raccolta differenziata nel territorio comunale”. Società partecipata che, poi, il 9 giugno presenterà il  progetto definitivo per il nuovo sistema di raccolta che l’amministrazione comunale approverà, dopo averlo esaminato, quasi un mese dopo. Di quale progetto parlava, quindi, il sindaco quando a marzo 2016 (non c’era ancora stata neppure la prima riunione con ASC, almeno secondo la delibera comunale) ha cercato di giustificare l’aumento tari? Non sarebbe più semplice ammettere semplicemente che l’aumento era dovuto dalla disastrosa percentuale di raccolta differenziata, ben al di sotto del limite minimo stabilito dalla legge?

Una correlazione che, implicitamente, viene ammessa in quella delibera quando si indica l’obiettivo che si intende raggiungere con il nuovo sistema di raccolta: “l’aumento della percentuale di raccolta differenziata (almeno il 66%) – si legge nella delibera – in modo da raggiungere e superare l’obiettivo richiesto dalla normativa vigente nazionale e regionale e non essere soggetti al pagamento della maggiorazione del tributo per lo smaltimento in discarica previsto dalla normativa regionale, che prevede anzi una modulazione dello stesso in relazione alle percentuali raggiunte”.

Quanto alla proposta presentata dal ASC e approvata dal Comune, occorre innanzitutto evidenziare che descrive l’attuale situazione del servizio davvero deprimente, con oltre 25 milioni di kg di rifiuti prodotti ogni anno nel capoluogo piceno, di cui oltre 14 milioni di rifiuti indifferenziati. Alta anche la produzione di rifiuti pro capite (509 kg all’anno) che, però, è in linea con la media regionale. Il progetto di ASC si pone l’obiettivo di ridurre fino a 20 milioni di kg la produzione di rifiuti annua, facendo scendere a non più di 5,5 milioni la parte di rifiuti indifferenziati. Per farlo è necessario estendere all’intera città il sistema domiciliare “porta a porta”, esclusa l’area rurale.

Il progetto prevede la raccolta con il “porta a porta” di umido, secco non riciclabile, carta, plastica, mentre la raccolta di vetro e lattine resterebbe con il sistema stradale. Da sottolineare che, con il nuovo sistema, il “porta a porta” è esteso anche alle “utenze non domestiche” (attività commerciali) di tutta la città  (compreso vetro e lattine per le utenze che hanno un’elevata produzione). Più lungo di quanto previsto dal sindaco anche il cronoprogrmma dell’attivazione del servizio.

Data la complessità dell’organizzazione del servizio porta a porta sull’intero territorio comunale – si legge nella proposta di ASC –al fine di garantire la migliore riuscita del servizio, si prevede di scaglionare l’attivazione nel corso di un anno, dividendo il territorio in 5 zone di servizio ed attivando progressivamente il servizio in ogni zona, con un intervallo di due mesi circa tra una zona e l’altra, consentendo la progressiva entrata a regime”.

Questo significa che se davvero il nuovo sistema partirà ad inizio del nuovo anno, prima di fine 2017 non sarà completamente a regime. Più che comprensibile, quindi, la dura protesta di una parte dell’opposizione, con i rappresentanti del Pd che nel fine settimana sono scesi in piazza con banchetti informativi.

La situazione emergenziale – afferma il capogruppo del Pd Francesco Ameli – rischia di vedere aumentare ulteriormente la tari. Una mazzata difficile da capire in un momento di crisi economica come questo. Tutto ciò si sarebbe potuto evitare mantenendo le promesse di una raccolta differenziata porta a porta attiva da già dopo l’estate. Ma di ciò neanche l’ombra, anzi. La decisione della maggioranza di cedere il servizio di raccolta degli RSU (e quindi la differenziata) al socio privato di Ascoli Servizi Comunali porta ad una amara conclusione. Non solo siamo stati chiamati a pagare di più per un servizio che non è ancora partito, ma ci sono state messe le mani nel portafoglio senza motivo. Se non è la parte pubblica ad effettuare la differenziata perché pagare di più?”.

Non solo, Ameli aggiunge degli ulteriori particolari inquietanti. “Ci sono due gravi aspetti che i cittadini devono sapere – spiega – il mancato pagamento per decine di mesi del conferimento dei rifiuti in discarica da parte del Comune e la mancata copertura definitiva superficiale della 4 vasca di Relluce per la quale è stata riscossa la polizza fidejussoria di ben 4,5 milioni di euro. Soldi di noi ascolani, che purtroppo saremo costretti ad ulteriori sacrifici finanziari per l’incapacità amministrativa di questa maggioranza”.

Vedremo cosa accadrà nei prossimi mesi. Certo è chiaro sin da ora che stavolta, ad inizio del nuovo anno, il sindaco non potrà giustificare un eventuale nuovo aumento della tari con l’avvio del nuovo sistema di raccolta rifiuti. Quello gli ascolani l’hanno già pagato nel 2016…

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