Caccia ai testimonial vip e schizzi di fango sul Gran Varietà del referendum
Mentre giornali e quotidiano on line si affannano a pubblicare e ad aggiornare la lista dei vip che si schierano da una parte o dall’altra, è sempre attiva la “macchina del fango” che non risparmia neppure Roberto Benigni e Gustavo Zagrebilski
Chissà se dopo la “papera” di ieri sera contro la Spagna Buffon potrà ancora essere considerato un testimonial in grado di attirare la simpatia dei tanti indecisi. E se Celentano, come in tanti gli chiedono, finalmente si pronuncerà senza esitazioni contro magari il no schizzerà avanti nei sondaggi. Strano, poi, che nessuno abbia ancora pensato di coinvolgere gli ospiti del Grande Fratello Vip, con l’audience che fa quel programma potrebbero risultare decisivi.
Chissà, magari si potrebbe creare una bella sfida per vedere chi sposta più voti, se la grande Woodstock del no che promette (o minaccia, questione di punti di vista…) di organizzare il “Fatto Quotidiano” o il Grande Fratello per il si (è solo un’idea, tranquilli non iniziate ad insultare gli ospiti del Grande Fratello Vip, non si sono schierati né da una parte né dall’altra). Benvenuti nel peggiore avanspettacolo degli ultimi 50 anni, prima ancora che entri davvero nel vivo abbiano già la nausea di questa indecorosa e ignobile campagna elettorale referendaria.
D’altra parte non ci si poteva aspettare nulla di meglio da un confronto (anzi, visti i toni, uno scontro) che era subito partito all’insegna degli “alti contenuti”, tra chi da una parte profetizza riduzione di bollette se vince il si e chi risponde che, invece, se passa la riforma si scatenerà un’ondata di violenza senza precedenti. Per non parlare della sfida stile Oxford per capire se è peggiore chi vota insieme a Verdini o chi vota insieme a Berlusconi (solo per limitarci ad indagati e condannati). Il tutto condito, poi, dalla corsa ad accaparrarsi i testimonial più “fighi”, quelli che con il loro appeal possono spostare qualche voto, attrarre con motivazioni “profonde” qualche indeciso.
Che questo sia un aspetto importantissimo è testimoniato dal fatto che da giorni i principali quotidiani italiani si affannano a pubblicare e aggiornare la lista dei vip (o presunti tali) che si schierano da una parte o dall’altra. Al momento questa “emozionantissima” sfida vede dalla parte del si Roberto Benigni, Stefania Sandrelli, Susanna Tamaro, Federico Moccia (almeno in base a quanto riportano i giornali) ma, secondo voci e indiscrezioni molto accreditate, si sta provando a reclutare anche Buffon e Jovanotti. . Dalla parte del no, invece, sono dati per certi Sabrina Ferilli, Fiorella Mannoia, Enzo Jachetti, Monica Guerritore, J-Ax.
Se fosse previsto dalle norme comunitarie verrebbe voglia di chiedere un commissariamento del nostro paese, almeno fino allo svolgimento del referendum. Un’altra possibile soluzione potrebbe essere quella di decidere l’esito referendario magari giocandoselo a briscola o ai dadi o alla carta più alta. Di sicuro così potremmo evitare tutto il fango, tutto lo squallore, tutta l’ipocrisia e l’interminabile sequela di insulti, strilli e scontri verbali che ci aspettano per i prossimi due mesi fino alla fatidica data del 4 dicembre.
Già perché si è ampiamente capito che il confronto non sarà sul perché è giusto o no abolire il bicameralismo perfetto con tutte le altre norme che riguardano l’elezione dei senatori e le successive competenze del nuovo Senato, che tipo di novità vengono introdotte e se è giusto condividerle o bocciarle per quanto riguarda l’elezione del Presidente della Repubblica, dei giudici costituzionali, le leggi di iniziativa popolare, i referendum, se è utile e giusto abolire il Cnel e le province, ecc.
Tutto si gioca e si giocherà a suon di slogan demagogici, in un’orrenda gara a “chi la spara più grossa”, cercando con ogni mezzo di creare polveroni e false aspettative (positive o negative). Puntando molto anche sull’appeal dei possibili testimonial e concentrandosi con il massimo impegno non a confutare e a smontare le tesi dell’altra parte, ma semplicemente a gettare fango e a screditare il più possibile chi si schiera a favore dell’avversario, dandolo in pasto ai sempre più isterici frequentatori seriali dei social che non aspettano altro che trovare un capro espiatorio contro cui sfogare la propria rabbia repressa.
Il giochetto è semplice e, per certi versi, perverso. Si prende di mira qualche nome eccellente che ha dichiarato come si schiera e si aspetta che qualche “pirla” (e in rete c’è solo l’imbarazzo della scelta) costruisca contro di lui qualche idiozia vagamente credibile . Che, poi. prenderà maggiore forza perché, tanto, c’è sempre qualche firma “eccellente” pronta a dare credito e a rilanciare la “baggianata”. Al resto ci pensa la rete che immancabilmente riesce a dare il peggio di se in queste circostanze.
A dir la verità un assaggio di questo metodo lo avevano mostrato, subito dopo l’approvazione del quesito referendario, gli stessi rappresentanti del governo che prima avevano etichettato tutti coloro che votano no come “uguali a quelli di Casapound”, poi, dopo che era scoppiata la polemica con l’Anpi, avevano provato a far passare il concetto che chi vota no non è un vero partigiano. Con il passare del tempo, poi, la macchina del fango si è affinata e in questi giorni sta mostrando il meglio (o forse sarebbe più giusto dire il peggio) di se nei confronti di due personaggi dipunta, uno schierato per il si ed uno per il no: Roberto Benigni e Gustavo Zagrebilski.
Il “piccolo diavolo” toscano, in realtà, già mesi fa aveva anticipato la sua posizione ma, poi, dopo aver ricevuto la solita sequela di insulti dai “talebani” del no, non aveva più fatto sentire la sua voce. Poi, nei giorni scorsi, a riportarlo al centro del ring ci hanno pensato le “Iene” che sono andati a cercarlo per carpirgli qualche dichiarazione sul prossimo referendum E lui non si è tirato indietro sostenendo che “è indispensabile che vinca il si. Se vince il no, ti immagini il giorno dopo? Il morale va a terra, peggio della Brexit. I costituenti stessi hanno auspicato di riformarla la seconda parte, poi c’è la maniera di migliorarla ma se non si parte. Non è come qualcuno dice la riformeremo dopo. No, non accadrà mai più. Poi, certo, ci sono da rivedere alcune cose”.
Sono passate poche ore e subito sui social è partita la caccia, con i soliti post pieni di livori e di assurdità, naturalmente, zeppi di insulti. La macchina del fango si è messa in moto e ha partorito un paio di capi di accusa nei confronti del comico toscano:è un venduto perchè si sta “arruffianando” per avere un nuovo programma in Rai (come se davvero Benigni avesse bisogno di annunciare il suo si al referendum per strappare un contratto in Rai…), è un incoerente perché ha fatto un programma tv sulla “costituzione più bella del mondo” e ora è favorevole a cambiarla. E, poi, tanto per aggiungere qualche schizzo di fango in più che non fa mai male, ecco la pioggia di critiche postume al film da Oscar “La vita è bella”, accusato di falso storico (come se fosse un documentario e non un film), sulla base, per giunta, di immagini e situazioni che nel film neppure ci sono (i carri armati a Berlino, l’identificazione del campo di sterminio ad Auschiwitz).
Terrificanti banalità e insostenibili amenità che, però, hanno subito trovato una sponda nella penna tagliante di Andrea Scanzi, sempre pronto a raccogliere il peggio del peggio che arriva dalla rete, ovviamente senza minimamente preoccuparsi di verificarne la veridicità, per poter vomitare la razione di insulti e improperi nei confronti del malcapitato. “Hai talento, fai ridere come nessuno e non hai paura di essere scorretto – scrive Scanzi – poi cresci, ti ammorbidisci, cambi la storia e sostituisci i russi con gli americani, altrimenti l’Oscar non te lo danno mica. Quindi, esaurita la vena, ti reinventi cantore dell’amore, celebrando la Costituzione più bella del mondo ma solo quando al potere c’è Berlusconi, che è brutto sporco e cattivo non per quello che fa ma perché non è iscritto al partito che voti. Infine passi dal voler bene a Berlinguer al venerare il nuovo Silvio, ovvero Renzi, uno che a vent’anni avresti preso per il culo fino a sfinirlo. “Se vince il no è peggio della Brexit”, dici adesso. E magari, se vince il sì, ti regalano pure un’altra serata su RaiUno e un’altra bella vagonata di soldi (anche nostri). Da saltimbanco a rondolino: vamos. Ormai, caro Benigni, ho finito anche gli insulti. Siamo al vilipendio di cadavere del povero Cioni Mario. Peccato, una volta eri bravo. Ma il Monni, a noi toscani, ce lo aveva detto chi eri davvero. E il Monni non sbagliava mai”.
Gli insulti li meriterebbe, a vagonate, il giornalista del Fatto Quotidiano che in poche righe riesce a dare vita ad un concentrato di ignoranza (intesa come mancanza di conoscenza) bestiale e di bassa demagogia. Sorvolando sulla citazione relativa alla Costituzione (Benigni anche nello special sulla Costituzione andato in onda sulla Rai ha sempre parlato della prima parte della Costituzione stessa, dei principi fondanti che non sono modificabili e che sono altro rispetto alla seconda parte, questa si modificabile), anche perché il sospetto che Scanzi non l’abbia mai letta è forte, colpisce la naturalezza con la quale lancia accuse riguardo al film che ha portato Benigni all’Oscar, “La vita è bella” inventandosi una storia che non esiste.
Il tutto nasce dalla famosa scena finale, quando nel campo di concentramento ormai abbandonato dai nazisti entrano i carri armati, su uno dei quali sale il bimbo rimasto solo che, poi, quando è fuori vede tra gli ex prigionieri la madre. Scanzi, riprendendo le farneticazioni che girano in rete, accusa Benigni di aver cambiato la storia perché i carri armati che liberano il campo di concentramento sono americani e non russi. Ma di quale storia parla Scanzi? E, soprattutto, Scanzi ha mai letto qualche libro sulla seconda guerra mondiale?
Se l’avesse fatto avrebbe scoperto che anche gli americani hanno liberato dei campi di concentramento, anzi, è più corretto dire che soprattutto gli americani li hanno liberati. Perchè dei 20 campi di concentramento presenti sul territorio europeo 11 sono stati liberati dalle forze armate degli Stati Uniti, 6 dai russi e 3 dalla forze armate di Gran Bretagna e Canada. Benigni allora (e non ora) spiegò che nel film non si riferiva ad un campo di concentramento in particolare, quindi c’è poco da discutere. E, poi, anche non ci fosse corrispondenza tra quanto raccontato nel film e la storia reale, questo non toglierebbe certo il sacrosanto diritto a Benigni di votare come vuole e di esternare, soprattutto se intervistato, la sua posizione.
Poi in rete qualcuno, per cercare di difendere l’indifendibile Scanzi, ha provato a tirare fuori la storia che, sono stati i russi ad entrare per primi a Berlino. Peccato, però, che nel film non si parli minimamente, né tanto meno viene in alcun modo mostrata, Berlino. Però che importanza ha, non c’è bisogno di muovere accuse concrete e motivate, l’importante è gettare fango e “sputtanare” il più possibile il bersaglio scelto. E non consola certo scoprire che, in fondo, anche dall’altra parte succede praticamente la stessa cosa.
Ad essere preso di mira dagli ultras del si è Gustavo Zagrebilski, giurista italiano e giudice costituzionale dal 1995 al 2004, che da subito è stato tra i più convinti sostenitori del no. Qualche giorno dopo il suo confronto su La7 con il presidente del Consiglio Renzi, ecco spuntare in uno dei siti che sostengono le ragioni del si un delirante articolo sugli stipendi e le indennità dei giudici costituzionali.
“Il trattamento dei giudici costituzionali è oggi di 467.000 euro circa per un giudice ordinario e di 550.000 per il Presidente – si legge nell’articolo – l’indennità del Presidente della Corte è incrementato di un ulteriore 20%. A queste cifre, già molte elevate, si sommano una indennità giornaliera, pari ad un trentesimo della retribuzione mensile di un magistrato ordinario, ed un beneficio fiscale: l’imponibile è pari solo al 70% della retribuzione. Solo per fare qualche paragone, i giudici della Corte suprema del Regno Unito ricevono un appannaggio di 235.000 euro, gli omologhi canadesi percepiscono 216.000 euro, il Presidente della Corte suprema Usa prende 173.000 euro. La Corte costituzionale costa 61,5 milioni di euro all’anno – circa quattro volte quella britannica – e, in proporzione al numero dei membri, due volte e mezzo il Senato. Stipendi da favola. Liquidazione a cinque zeri. Immunità totale. Pensioni d’oro. Auto blu con due chauffeur personali. Appartamenti di servizio. Telefono domestico pagato dallo Stato, previdenza sanitaria deluxe”.
E se sin qui Zagrebilski non viene comunque nominato, più avanti ecco arrivare la stoccata diretta. “I giudici costituzionali con in testa il nostro caro ineffabile Prof. Zagrebelsky campione della campagna per il no al referendum costituzionale, che col ditino e la spocchia del professore ha impartito lezioni di morale politica al premier Renzi durante un dibattito televisivo sul referendum, hanno inventato un bel sistema per andarsene tutti in pensione con il grado di Presidente. A turno si fanno eleggere Presidente della Consulta per gli ultimi mesi del mandato così vanno in pensione con un emolumento pensionistico commisurato al trattamento da Presidente cioè 550.000 euro all’anno e quindi con una pensione media di 200.000 euro all’anno”.
L’articolo si chiude poi con una serie interminabile di considerazioni demagogiche e con il chiaro intento di far balenare il sospetto che Zagrebilski è contro la riforma perché vuole salvare i suoi privilegi e la sua pensione d’oro. Anche in questo caso passa pochissimo tempo e subito quell’articolo diventa virale tra i fans del si che, per non essere da meno ai loro avversari, riempiono di insulti e di commenti “acidi” l’ex presidente della Corte Costituzionale che, a loro detta, non vuole far cambiare la Costituzione per interessi personali. Questo significa, quindi, che la riforma sottoposta a referendum va a toccare stipendi e pensioni dei giudici costituzionali? Neanche per sogno, però anche in questo caso è un particolare irrilevante, intanto il “tarlo” è stato insinuato e la credibilità di Zagrebilski qualche colpo l’ha subito.
Questo indecoroso bailamme (per decenza non parliamo dell’imbarazzante ricorso al Tar sul quesito presente sulla scheda elettorale…) ha finito per condizionare e mandare in tilt anche giornali e giornalisti stranieri. Come, ad esempio, Tony Barber, uno dei più noti editorialista del Financial Times che, in un editoriale del 5 luglio scorso scriveva. “Mai in Italia si era vista una riforma di vasta portata come quella voluta da Renzi, una sconfitta al referendum non danneggerebbe solo il premier ma anche l’Italia che rischierebbe di trovarsi in una fase prolungata di instabilità politica ed economica. Un tale arretramento metterebbe a rischio il buon lavoro fatto dal governo Renzi per avviare un po’ di ripresa economica e ridurre, sia pure modestamente, la disoccupazione” .
Un vero e proprio endorsment nei confronti del presidente del Consiglio, improvvisamente ritrattato il 4 ottobre con un articolo in cui si sostiene l’esatto contrario di quanto scritto 3 mesi prima. “Il punto di fondo è che, contrariamente alle affermazioni di Renzi, la riforma costituzionale avrebbe un effetto minimo sulla qualità del governo e del processo legislativo – scrive ora Barber – una sconfitta di Renzi al referendum non per forza destabilizzerà l’Italia. Una vittoria, al contrario, esalterebbe la follia di anteporre l’obiettivo tattico della sopravvivenza di Renzi al bisogno strategico di una democrazia in buona salute”.
La frenetica follia che ha irrimediabilmente pervaso questa campagna elettorale si espande e colpisce anche commentatori stranieri. Il guaio è che mancano ancora due mesi e sarà dura sopravvivere. Ancora più difficile, per chi ancora non ha deciso se e come votare, riuscire ad orientarsi seriamente.
A loro rinnoviamo l’invito di informarsi e approfondire direttamente, senza filtri, consultando il sito della Camera (www.camera.it/leg17/465?tema=riforme_costituzionali_ed_elettorali) dove sono riportati i lavori parlamentari e il testo integrale della riforma costituzionale.. L’unico modo per arrivare ad una scelta consapevole, senza condizionamenti preconcetti